Libia, il premier Sarraj dichiara lo stato di emergenza a Tripoli

AFP photo / Mahmud Turkia in foto Fāyez Muṣṭafā al-Sarrāj

Milano – Il consiglio presidenziale della Libia ha dichiarato lo stato di emergenza a Tripoli e nei dintorni, dopo che da giorni sono in corso violenti scontri. L’annuncio è stato dato dal servizio comunicazioni del Governo di accordo nazionale (Gna) del premier Fayez al-Serraj.

Tripoli al centro di una dura lotta di potere

Poche ore prima, il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, aveva chiesto la fine delle violenze in conformità con l’accordo di cessate il fuoco negoziato dall’organizzazione. Tripoli è al centro di una dura lotta di potere dalla caduta nel 2011 del dittatore Muammar Gheddafi.

Cinque giorni di scontri tra milizie rivali

Almeno 15 razzi erano piovuti sulla città, anche sull’unico aeroporto funzionante di Mitiga, dove tutti i voli erano stati dirottati su Misurata. Secondo il ministero della Salute libico, almeno 39 persone sono state uccise e circa 100 ferite in cinque giorni di scontri.

Razzi caduti su varie zone della città

Un razzo è caduto anche su un hotel frequentato da stranieri vicino all’ambasciata italiana. Nelle stesse ore la Settima brigata di Tarhuna si è scontrata con i gruppi ad esso fedeli, ha respinto la tregua e promesso che “combatterà” sino a quando non avrà “ripulito” la città “dalle milizie”.

Guterres ha “condannato l’escalation di violenze nella capitale della Libia 

L’uso da parte di gruppi armati di bombardamenti indiscriminati portano alla morte e al ferimento di civili, compresi bambini“, si legge in una nota. Ha anche “invitato tutte le parti a cessare immediatamente le ostilità e ad attenersi all’accordo di cessate il fuoco”.

Una escalation minerebbe il processo politico

Ieri, in una dichiarazione congiunta, Italia, Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti avevano condannato la situazione, avvertendo che una escalation minerebbe il processo politico e che “coloro che mettono a rischio la sicurezza a Tripoli saranno ritenuti responsabili”.

Preoccupazione anche dall’ong Medici Senza Frontiere

Siamo “altamente preoccupati per i cittadini libici e per i rifugiati e migranti intrappolati, le cui sofferenze sono state aggravate dalle politiche dell’Unione europea. La Libia non è un Paese sicuro“.

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