L’intervista. Bellanova: “Whirlpool, Di Maio se ne frega. Mi chiedo in mano a chi stiamo”

La vice di Calenda e la denuncia dell’ex ministro: “Impossibile non sapere cosa stesse accadendo”

Teresa Bellanova

NAPOLI – “Di Maio ha mentito al Paese e agli operai su Whirlpool. Sapeva della chiusura di Napoli da inizio aprile. Ha incaricato Invitalia di analizzare il nuovo possibile investitore in sostituzione di Whirlpool. Non ha ricevuto i sindacati che hanno chiesto un incontro, ha aspettato le Europee e poi ha fatto scene indecorose di finta indignazione. Si deve vergognare”. E’ cominciata così, con la rivelazione dell’ex ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, l’ennesima giornata di lotta per salvare la Whirlpool. Dichiarazioni gravissime, alla quali non è seguito uno straccio di replica dal diretto interessato che, se così fosse, dovrà vedersela con qualcosa di più serio e competente della piattaforma Rousseau. Sul caso, infatti, si sono già accesi i riflettori della politica.

Teresa Bellanova, che di Calenda è stata vice nella scorsa legislatura, ha già attivato tutte le procedure del caso per essere informata. E informare gli italiani.
“Sì, è vero, ho chiesto di sapere – racconta a ‘Cronache’ – Capisco che è difficile fare una campagna elettorale comunicando che in Campania, a Napoli c’è una notizia devastante di questo tipo. Ma mi chiedo: a me non è mai accaduto e ho gestito tavoli di crisi per 4 anni, come può accadere che un’azienda con siti distribuiti in varie regioni italiane e che ha investito risorse proprie non comunichi una notizia di queste dimensioni? La stessa azienda che ha firmato col governo l’accordo. Allora, o Di Maio era informato e ha taciuto o si è disinteressato al punto che l’azienda ha pensato di poter agire da sola. Nell’uno e nell’altro caso è inaccettabile. E’ chiaro che la sua autorevolezza è pari a zero”.

In qualità di viceministro dello Sviluppo economico lei ha avuto modo in passato di occuparsi di Whirlpool in prima persona. Perché la situazione è degenerata nonostante gli accordi presi?

Con l’accordo del 2015 portammo l’azienda a impegnarsi per 520 milioni di euro di investimenti in Italia, oltre a garantire innovazione e a rafforzare le strutture nel Mezzogiorno. Visto che Napoli era un punto di grande interesse per l’azienda, convenimmo che Whirlpool internalizzasse le produzioni che Indesit acquistava dalla Cina per rafforzare il piano industriale, oltre al rilancio di Carinaro e Teverola che era un sito chiuso. L’accordo per il Mezzogiorno prevedeva 8 milioni di euro per Carinaro e, al primo tavolo del marzo 2016, l’azienda testimoniò di aver investito già 14 milioni di euro. Il punto è questo: abbiano stipulato un accordo quadriennale che è stato rispettato perché abbiamo monitorato semestralmente al Ministero e, ogni tre mesi, nei singoli siti, con i tavoli a cui presenziavano sindacati, azienda e istituzioni locali. Questa pratica è stata interrotta col nuovo governo, tant’è che a ottobre Di Maio con un grande comunicato ha annunciato l’accordo che prevedeva 200 milioni di euro da parte di Whirlpool, ma poi non ha convocato tavoli per verificare e monitorare. E così ha scoperto, dalla stampa che Whirlpool annunciava la cessione del sito napoletano. Da ministro non solo devi stare al tavolo per gli accordi, ma devi monitorare e verificare, mettere una firma è semplice, ma non basta ad evitare rischi.

Eppure i lavoratori sembrano fidarsi di un Ministro che finora non ha risolto nulla. Sindrome di Stoccolma?

Alzando la voce e minacciando non si fa altro che regalare all’azienda un motivo per ripensare anche alle altre sedi. Il problema non è revocare i finanziamenti, ma concederli man mano che si realizza l’accordo. Cosa che qui non è successa. Io che avevo le deleghe, e i lavoratori campani lo sanno, quante notti ho passato a tentare di trovare le soluzioni migliori e a seguire passo passo ogni vertenza.

Prima del caso Whirlpool c’è stato quello di Mercatone Uno, un copione simile?

Mi chiedo in mano a chi sia finito questo Paese e soprattutto in mano a chi sono finiti i tavoli di crisi, che significano permanenza o meno di un’azienda e soprattutto tutela dei lavoratori e vita delle famiglie. Su Mercatone Uno Di Maio ha fatto gli stessi errori, tant’è che evitando ogni tipo di incontro per le opportune verifiche ha scoperto della procedura fallimentare. Una procedura che prevede molti passaggi viene conosciuta dal governo quando si è già consumata. Per arrivarci c’è stata la richiesta di concordato, la valutazione negativa dei giudici, un’altra richiesta di concordato e infine il fallimento: vuol dire che c’è stata disattenzione totale e disprezzo delle sorti dei lavoratori e dei consumatori coinvolti. Mi chiedo come si possono gestire con disinteresse e disprezzo della vita delle persone vertenze e tavoli di crisi come questi.

Sta pensando che il suo lavoro di quattro anni Di Maio lo sta buttando via per disattenzione o incapacità?

Ogni volto che vedo questi signori stare più volta al giorno in diretta Facebook mi domando come facciano. Fa rabbia perché per me sono stati quattro anni senza respiro. Se pensiamo che oggi ci sono 1400 lavoratori dell’Ilva messi in cassa integrazione credo la risposta sia chiara.

Glielo vuole dare lei un consiglio al ministro Di Maio?

Non ho consigli da dare. Quando si è insediato, durante un’audizione in commissione del ministro, gli dissi: abbiamo chiuso 1200 tavoli di crisi, al netto delle differenze politiche, nell’interesse dei cittadini, troverà sempre collaborazione da parte mia. Ma lui non ha risposto neanche ad una delle mie interrogazioni.

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