L’intervista. De Falco: il Movimento 5 Stelle è morto

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 21-02-2019 Roma Politica Senato - Question time Nella foto Gregorio De Falco Photo Roberto Monaldo / LaPresse 21-02-2019 Rome (Italy) Senate - Question time In the pic Gregorio De Falco

NAPOLI – “Non siamo un partito, non siamo la casta, siamo cittadini punto e basta, ognuno vale uno”. Era questo il motivetto a cui il Movimento 5 Stelle si affidava fino a qualche tempo fa per raccontarsi. Visti gli stravolgimenti in atto è difficile che possa ancora risuonare ai ‘raduni’ dei pentastellati. Il senatore Gregorio De Falco, che ha mantenuto la promessa fatta e ieri si è lasciato intervistare a tutto campo da Cronache, è l’esempio lampante del cambio di rotta del Movimento. 

Onorevole, che effetto le ha fatto, come eletto dal popolo, essere messo sub judice di un gruppetto di persone? 

Mi sono sentito contrariato perché il vincolo di freno richiestomi riguardava i temi della controparte e non del Movimento che ha fatto sì che la tematica della Lega sull’immigrazione fosse trattata esclusivamente come dicevano loro. Di fatto noi abbiamo abbandonato la nostra posizione. Gli Sprar per noi non dovevano essere abbandonati, per esempio, per evitare i ghetti. 

Cosa pensa della svolta impressa da Di Maio? E’ questo il Movimento nel quale ha creduto? 

Sinceramente credo che in pochi potessero immaginare una deriva di questo genere. 

Analizziamo le ‘novità’. Cade il vicolo del doppio mandato. Che ne pensa? 

Il problema si può sintetizzare dicendo che si stanno abbandonando gli elementi distintivi che caratterizzavano il Movimento e che consentivano di potersi ritenere differenti dagli altri. In questo modo si va verso il professionismo politico che si è sempre condannato. La perdita di consenso è una conseguenza e non la causa di questo malessere. Ci vogliono regole condivise e non estamporanee concessioni. Non si può sconfinare in una improvvisazione continua. La politica è capacità di impostare le soluzioni con lungimiranza. Si improvvisa talmente tanto, che in aula ieri (mercoledì per chi legge ndr), c’è stato il caos e la naturale tentazione di votare contro la mozione di Fdi sul global compact. Qualcuno ha giustamente votato contro visto che è la strada contraria a ciò che converrebbe all’Italia. 

Parliamo di alleanze. Di Maio ha detto che servono “alle amministrative”, dunque comunali, provinciali, regionali, altrimenti il Movimento non riuscirà mai a governare. Ma non è vero: da soli avete conquistato Parma, Torino, addirittura la Capitale d’Italia. Perché vogliono snaturarsi così? 

La questione è esemplificata attraverso la pessima prova che ha dato di sé il contratto di governo. Purtoppo si manifesta inadeguatezza di uno strumento privatistico ad attendere agli interessi superiori di carattere pubblicistico. Non si può con quello strumento regolare la politica. Ci si può occupare dell’oggi, su uno specifico elemento, ma non di più, di certo non può costituire una convergenza politica. Allo stesso modo se le alleanze si vogliono fare in questo modo non si va lontani. Comunque la originaria intenzione di andare da soli era legata all’intenzione di avere le mani libere per fare ciò che si promette ai cittadini. 

Il Movimento rischia di perdere la faccia sul provvedimento su cui ha fondato tutta la campagna elettorale, il reddito di cittadinanza. Crede si riuscirà a rispettare la road map? 

Non è questione di tempi, quando si era fatto il programma del M5S si era ben specificato che serviva prima la riforma dei centri per l’impiego e poi si poteva provvedere con il reddito di cittadinanza mirato. Invece si accelerano i tempi e questo è, mi dispiace dirlo, perché anche il reddito di cittadinanza ha scopi elettorali. 

La ‘ nuova versione’ del M5S secondo Di Maio somiglia molto al primo Pd. Cosa risponde a chi vi dice: siete uguali agli altri? 

Non capisco cosa stia dicendo Di Maio nel momento in cui prendo ad esempio un partito che ha organi intermedi ed è ontologicamente differente. Assistiamo ad una tragica rappresentazione in cui il Pd attende un anno per riorganizzarsi e forse ammettere di aver perso. Del Pd non mi interessa, ma il fatto che Renzi abbia bloccato il partito per un anno impedendo che si creasse una maggioranza è grave. Se l’opposizione al governo è interna non c’è ipotesi di responsabilità e quindi viene meno la democrazia. 

C’è un modo per tornare ad essere ciò che è piaciuto così tanto gli italiani un anno fa da incoronarvi primo partito? 

Il problema è che il Movimento ha abbandonato la propria specificità che era nella non professionalità, che non deve essere incapacità, e nell’interlocuzione. L’abbandono di queste pietre miliari in questo modo è assurdo. Un ragionamento si può fare, ma in questo caso chi ha deciso? L’importante per il funzionamento di un Movimento è che ci sia democrazia. 

Perché crede che i suoi colleghi, pur disapprovando alcune scelte del capo politico e del governo giallo verde non facciano sentire la propria voce? Inesperienza, mancanza di un lavoro fuori dal Parlamento, timore di esporsi? 

Sicuramente le ipotesi sono tutte valide, per alcuni vale che sono inesperti, non hanno professionalità, ma per altri c’è una diversa attitudine o la speranza di essere tra coloro che sono nella dirigenza del partito che si creerà, ammesso si crei prima che si dissolva. Il Movimento forse è morto perché non è più capace di alimentare speranze. 

Quale sarà il suo futuro? 

Il mio futuro è semplice, continuerò a godermi la mia indipendenza  continuando a mettere in rilievo le differenze che ci sono e devono esserci tra interesse pubblico dello Stato e dei cittadini che vivono nel nostro Paese. 

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