Livorno, morti sospette all’ospedale di Piombino: infermiera accusata di 10 decessi

Emergono le ultime indagini sul caso della struttura sanitaria livornese

Lo Debole/Bianchi

LIVORNO (LaPresse) – La Procura di Livorno ha chiuso le indagini sulla vicenda delle morti anomale avvenute tra il 2014 e il 2015 all’ospedale di Piombino. E la principale indagata, per omicidio volontario aggravato, è l’infermiera Fausta Bonino. Alla quale il pm Massimo Mannucci attribuisce la responsabilità di 10 decessi.

Il caso delle morti sospette a Livorno e l’accusa all’infermiera.

Secondo le accuse l’infermiera avrebbe infatti pianificato la morte di pazienti in precarie condizioni nel reparto di anestesia e rianimazione dell’ospedale. Con la somministrazione di un farmaco anticoagulante. Si tratta probabilmente di eparina. L’infermiera è accusata di averlo somministrato anche quando non fosse prescritto o fosse in sovradosaggio. In base a perizie, in 10 decessi esaminati emergerebbe infatti un nesso tra l’iniezione di eparina, la presenza della Bonino in reparto e le morti avvenute poche ore dopo la somministrazione degli anticoagulanti.

Le responsabilità del primario del reparto.

All’inizio della vicenda giudiziaria erano 14 le morti sospette su cui gli inquirenti hanno fatto accertamenti. Ma quattro sono poi state archiviate. Con l’atto di chiusura delle indagini compare un altro indagato, il dottor Michele Canalis, 52 anni. E’ il primario del reparto dove avvennero i decessi a partire dal 30 dicembre 2014. Il medico è infatti accusato di omicidio colposo per la morte degli ultimi tre pazienti.

Secondo il pm avrebbe tenuto un comportamento negligente perché non avrebbe vigilato correttamente sul personale sanitario. Violando dunque quei protocolli che stabiliscono come il responsabile dell’unità medica debba “vigilare sull’attività e sulla disciplina del personale sanitario“.

Il legale del dottor Casalis è stato intervistato dal Tirreno e ha sottolineato che il primario “è coinvolto marginalmente nell’indagine a titolo doloso e non colposo”. A riferirlo è l’avvocato Federico Procchi che continua: “Questo perché assunse la direzione dell’unità di rianimazione nel gennaio 2015. E da quel momento ha messo in atto ogni controllo e cautela della gestione degli assistenti”.

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