L’Ucraina chiede alla Nato “armi offensive”. I russi a 40 Km da Mykolaiv. Draghi: “Non intervenire è come difendere l’aggressore”

Il premier italiano: "Dovremmo lasciare che gli Ucraini perdano il loro Paese e accettino la schiavitù"

Guerra Russia-Ucraina, immagini drammatiche. Un militare ucraino a Mariupol, in Ucraina (Foto AP/Mstyslav Chernov)

ROMA – “Armi offensive come mezzo di deterrenza”: è quanto chiesto dall’Ucraina alla Nato per arginare gli attacchi degli uomini di Vladimir Putin. E lo ha fatto con un appello lanciato da Kiev da parte del capo di gabinetto, Andriy Yermak, a poche ora dall’intervento di Zelensky in videoconferenza al vertice straordinario della Nato a Bruxelles.

Russi ancora lontani

Il portavoce delle truppe anfibie ucraine d’assalto, Yaroslav Chepurnoy ha spiegato che “la città è chiaramente sotto il controllo dell’esercito ucraino, Mykolaiv al momento è relativamente sicura. Ci sono stati dei bombardamenti. Le truppe russe sono a 40 chilometri da qui, hanno preso dei villaggi nei dintorni della città. Non crediamo – ha aggiunto – che i russi attacchino dal mare, perché sono piuttosto lontani, per ora. Gli attacchi potrebbero aumentare ma per ora tutto è sotto controllo del sistema di difesa anti-aereo”.

Italia e Ucraina

Questa mattina il premier Draghi ha ribadito la vicinanza dell’Italia all’Ucraina: “Non difendere l’aggredito significherebbe aiutare l’aggressore”. E sulla decisione di fornire armi a Kiev da parre del nostro Governo ha detto: “La carneficina non distingue le divise ma distingue i bambini. È un terreno molto scivoloso. Perché se noi sviluppiamo le conseguenze di questo ragionamento, dovremmo dire di non aiutare i Paesi che vengono attaccati. Dovremmo sostanzialmente accettare di difendere il paese aggressore non intervenendo. Dovremmo lasciare che gli Ucraini perdano il loro Paese e accettino la schiavitù. È un terreno scivoloso che ci porta a giustificare tutti gli autocrati, tutti coloro che hanno aggredito Paesi inermi, a cominciare da Hitler e Mussolini”.

Impegno per la democrazia

Il premier ha poi giustificato che quello dell’Italia è un “impegno per la democrazia”. “Lo abbiamo riaffermato ieri con il presidente Zelensky. Davanti agli orrori della guerra l’Italia – ha chiarito Draghi – lavora insieme alla comunità internazionale per la cessazione delle ostilità. Ma la nostra volontà di pace cozza con Putin che vuole guadagnare terreno dal punto di vista militare come con i bombardamenti a tappeto di Mariupol. Per questo il disegno avrà successo solo quando lo vorrà Mosca”.

Gli oppositori

Secondo il premier italiano “molti russi si sono schierati contro la guerra di Putin. A loro va l’amicizia e la solidarietà di tutto il governo e quella mia personale”. Per cui “l’Italia è a fianco di Kiev in questo processo. In questo momento è importante mandare segnali di incoraggiamento. Il vertice con la Cina – ha concluso – sarà un momento per ribadire la nostra posizione e per fare in modo che Pechino si astenga dall’aiutare Mosca e partecipi allo sforzo per la pace”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome