Misure sanitarie, l’anarchia non c’è

L'intervento di Francesco Parisi, esperto di sicurezza strategica e urbana, difesa e intelligence

Esiste in questi giorni di pandemia una narrazione per cui l’Italia sia un Paese di balordi, incoscienti, irresponsabili. Questa lettura, come spesso accade, si ingigantisce nel Mezzogiorno.

Il dibattito sulle misure di prevenzione per il contenimento del contagio da Sars-CoV-2 e i relativi strumenti di controllo ad opera delle autorità è, come prevedibile, continuo e risonante sui media e i social.

Alcuni giorni fa una circolare del Ministero dell’Interno, ad esempio, ha dovuto specificare che nelle prescrizioni a riguardo la mobilità personale non si contempla il divieto di poter essere accompagnati (sempre a regime di social distancing da estranei al proprio nucleo familiare) dai propri bambini in prossimità del proprio domicilio nelle uscite consentite dal decreto. Qualcuno (ai cittadini naturalmente non è richiesto di avere spiccate competenze giuridiche ma alle autorità politiche e di governo sì) ha letto questa informazione del Ministero come un allentamento delle misure in un momento ancora critico della pandemia. È bene ricordare che una circolare, essendo semplicemente un atto interpretativo di una norma, non ne cambia il merito.

Gli amministratori regionali di Lombardia (l’assessore al welfare Giulio Gallera) e Campania hanno subito inveito contro l’Interno accusandolo di irresponsabilità. È plausibile che l’emanazione di questa circolare sia stata necessaria per colmare un vuoto interpretativo, poiché nei giorni scorsi anche sui media era rimbalzata la notizia di multe (esempio Firenze, Treviso) a genitori in compagnia dei propri bambini anche nei pressi della propria abitazione .

Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca si è scagliato con la sua abituale veemenza sul Ministero, specificando che nella “propria” regione la materia in discussione sarebbe stata comunque vietata. Al netto della legittimità giuridica, la questione ci offre lo spunto per chiederci se i cittadini di un determinato territorio, in questo caso la Campania, debbano vivere nella stessa dinamica di diritti/doveri del resto d’Italia, anche perché questo ingenera il legittimo sospetto che i campani possano essere più o meno indisciplinati di altri. Gli open data del Ministero dell’Interno ci raccontano una verità sui cittadini italiani abbastanza differente dalla vulgata televisiva e soprattutto social. Come sempre ci si confronta nella differenza tra dati scientifici e percezione.

Se su un quotidiano nazionale o su facebook, twitter, instagram, whatsapp imperversano uno o più filmati in cui si notano comportamenti contrari alle prescrizioni, la sensazione comune diventa che ci si trovi in una situazione di assoluto pericolo che merita la mano dura delle autorità.

Premesso che le regole adottate dal Governo nazionale sono le più restringenti il diritto alla circolazione nella storia repubblicana, è utile confrontarsi con alcuni numeri. Dal 26 marzo (data in cui si sono omogeneizzate le norme) all’1 aprile le persone controllate sul territorio nazionale sono state 1.453.682. Le persone sanzionate (ex art. 4, comma 1, d.l. 25.03.2020 numero 19) 35.899 pari al 2,46%, le persone denunciate ex art. 495 e 496 c.p. (Falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale/ False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri) 655, le persone denunciate (ex art. 260 r.d. 27.07.1934 n. 1265) (art. 4, commi 6 e 7, d.l. 25.03.2020 n. 19) (inosservanza del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone in quarantena perché risultate positive al virus) 330. Complessivamente le persone risultate inosservanti rappresentano il 2,53%. Per venire alla Campania, ieri il colonnello Claudio Bencivenga dell’Esercito Italiano, comandante del raggruppamento Operazione Strade Sicure in Campania, ha dichiarato che dal 21 marzo i controlli operati dalle sue 126 unità sono stati 5266 con soli 12 casi di sanzioni, pari allo 0,22%. Come sempre i numeri ci raccontano la verità, diversa dalle percezioni. E se è vero, com’è vero, che quando si tratta di sicurezza, in questo caso quella sanitaria e pubblica si fondono, la percezione merita di essere affrontata non solo con la freddezza dei numeri, è condizione necessaria partire dai dati a disposizione. Anche perchè, almeno per chi ha compiti di governo, la regola dovrebbe essere non farsi governare dai processi, ma provare e riuscire a governarli.

di Francesco Parisi, esperto di sicurezza strategica e urbana, difesa e intelligence

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome