“Native Language”, il nuovo album di Pietro Condorelli

L'ultimo lavoro discografico del più straordinario e sensibile virtuoso della chitarra jazz in Italia indica nuovi orizzonti nell’evoluzione del linguaggio mainstream e dell’approccio pianistico alla chitarra, pur nel rispetto della tradizione.

Il Pietro Condorelli Native Language Trio
Il Pietro Condorelli Native Language Trio

È disponibile su tutte le piattaforme digitali e nei prossimi giorni sarà nei negozi di dischi, su cd e in vinile, il nuovo album del chitarrista jazz Pietro Condorelli dal titolo Native Language. Un lavoro realizzato in trio con Antonio Napolitano al contrabbasso e Raffaele Natale alla batteria.

I brani dell’album

L’album Native Language comprende 8 versioni rivisitate di storici standard jazz (I love you di Cole Porter, A flower is a lovesome thing di Billy Strayhorn, All of me di Gerald Marks e Seymour Simons, Pannonica di Thelonious Monk, Strollin’ di Horace Silver, Rhapsodic di Claude Bolling, Giraffe di Don Garcia e I can’t get started di Vernon Duke) e un brano originale che dà il nome al disco, Native Language, composto da Pietro Condorelli.

Il linguaggio e la tecnica di Condorelli

Uno stile unico, inconfondibile, quello di Condorelli. Il suo è un linguaggio musicale che suona nuovo e familiare allo stesso tempo, che affonda le radici nella tradizione jazzistica sedimentatasi nel secolo scorso ma che è proiettato al futuro, in un lavoro costante fatto di studio, ricerca e sperimentazione. Una “lingua madre” che lui ha imparato a riconoscere sin da bambino, che ha amato per tutta la vita e che oggi padroneggia con disinvoltura e maestria.

Il suo approccio pianistico alla chitarra, suonata contemporaneamente come strumento armonico, melodico e ritmico, fa di lui l’unico vero rappresentante in Italia della scuola chitarristica che ha visto in Barney Kessel e Joe Pass i suoi più illustri punti di riferimento. Ma proprio questo modo di esprimere la propria musicalità ha spinto Condorelli a trarre insegnamento e ispirazione da altri strumentisti, da Thelonious Monk a Bill Evans, da Barry Harris a John Coltrane.

A ciò si aggiunge il contributo personale di un vero e proprio cultore e teorico del linguaggio jazzistico, esploratore delle infinite possibilità di evoluzione di esso e autore di numerose pubblicazioni in ambito didattico. La sua padronanza dello strumento è evidente nella tecnica perfetta, nelle improvvisazioni intricate e nel fraseggio emotivo. Un virtuoso nel senso più ampio possibile che però riesce a esprimere la sua idea della musica con sensibilità e raro lirismo.

La carriera artistica e accademica

Con un percorso musicale che lo ha portato dalla natia Italia a diversi palcoscenici internazionali, Condorelli si è affermato come figura di spicco della scena jazz contemporanea. Nel corso dei suoi 40 anni di carriera ha collaborato nella didattica con giganti del jazz come Joe Diorio, Mike Stern, Jim Hall e Mick Goodrick, ha insegnato 15 anni a Siena Jazz e dal 2000 è docente di Chitarra Jazz al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli. Ha suonato con musicisti di fama internazionale come Lee Konitz, Jerry Bergonzi, George Cables, Jimmy Owens, Charles Tolliver, Dick Oatts, Jim Snidero e ha fatto parte, negli anni ’90, della mitica band rock progressive Area.

Condorelli: “Trasmetto il mio amore per il mainstream jazz”

“La pubblicazione di Native Language – spiega lo stesso musicista – risponde all’esigenza di tornare a trasmettere ad un vasto pubblico di appassionati di Jazz le mie scelte musicali e la mia attuale predilezione per il mainstream jazz. Il profilo ritmico armonico è pertanto molto presente in questo lavoro. Anziché proporre solo musica originale, ho preferito suonare brani molto conosciuti tra gli standard jazz ed alcuni jazz originals. Con Antonio Napolitano e Raffaele Natale suoniamo con grande interplay e senso dello swing, all’insegna dell’estemporaneità e della freschezza espressiva”.

Piracci: “Un lavoro profondo, ma anche teso e spericolato”

“Pietro Condorelli – scrive di lui il chitarrista e docente Giacinto Piracci nella nota di copertina di “Native Language” – non è un semplice stilista molto preparato nel suo campo. La profondità della sua ricerca nel linguaggio jazzistico si scorge nei piccoli e preziosi dettagli in cui risiede gran parte del pregio di questa forma d’arte: la scelta delle legature, l’enunciazione, gli accenti, la fluidità del periodo e il “drive” sempre in avanti, teso e spericolato, che ricorda la guida temeraria di Dean Moriarty che Kerouac descrive in On the road”.

La copertina: il “Labirinto” di Salvatore Ravo

Le registrazioni e il missaggio sono opera di Gustavo Sciano, che ha lavorato al Vessel Recording Studio di San Nicola la Strada. La sola I can’t get started è stata registrata da Benny Salomone al Piana Lab. Le grafiche sono di Nicola Di Caprio, mentre l’immagine di copertina è l’opera “Labirinto” dell’artista Salvatore Ravo.

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L’album “Native Language” su Youtube

Il video del brano “I can’t get started” (Vernon Duke) eseguito da Pietro Condorelli

Il video del brano “Upi’s Waltz” (Pietro Condorelli) eseguito dal Pietro Condorelli Native Language Trio

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