O Mattarella o le urne

Il Presidente strizza l’occhio alla Lega e ad una maggioranza parlamentare alternativa ai Cinque Stelle. La contromossa di Di Maio e Di Battista? Rompere con Salvini e tornare alle urne

Un asse Mattarella-Salvini? Sembra assurdo, soprattutto dopo il discorso di fine anno del Presidente, ma, al contrario, proprio nelle sue parole si può intravedere una sottile strategia politica ad ampio spettro, mirata ad isolare (ancora di più) il Movimento Cinque Stelle.

Il mantra del “meglio corrotti che incompetenti” è stato ripetuto tra le righe da Mattarella proprio in quel discorso di fine anno, un discorso che molti hanno interpretato come il messaggio del nuovo, vero, ‘leader dell’opposizione’. Il capo dello Stato ha in effetti riproposto la linea che fin dal dopo-elezioni hanno cavalcato tutte le opposizioni, e cioè che il M5S è ‘pericoloso’ e che la Lega è l’unico interlocutore politicamente legittimato.

Mattarella ha dedicato cinque secondi ai Cinque Stelle (giusto il tempo di ‘bacchettarli’ dicendo che l’Italia ha bisogno di ‘gente competente’) mentre gran parte del tempo l’ha dedicata alla questione sicurezza. Sì, proprio al cavallo di battaglia della Lega. E’ come se il Presidente avesse detto: i Cinque Stelle vanno fatti fuori con ogni mezzo; facciamo cadere il governo che tanto una maggioranza la si trova sempre. L’obiettivo della vecchia partitocrazia è lampante: fare in modo che il Movimento torni a parlare di scatolette di tonno dai banchi dell’opposizione, mentre il resto delle forze politiche lavori ad un accordo per formare un’altra maggioranza, il tutto, naturalmente, senza passare dalle urne.

Tra Salvini, Berlusconi, Meloni e Renzi i numeri per un governo ‘competente’ si trovano. Non per nulla Mattarella è un democristiano doc: questa sarebbe la soluzione più facile per ridistribuire le poltrone e riappropriarsi di tutte le stanze del potere. L’unico ostacolo a questo scenario doroteo sarebbe invece proprio il ritorno alle urne. Un passaggio che a questo punto appare molto più vicino di quanto non lo fosse fino a pochi giorni fa: lo stesso Di Maio, nel suo ‘contromessaggio alla nazionale’ del primo gennaio, ha lanciato una bomba ad orologeria, tornando a parlare di riduzione degli stipendi dei parlamentari. La Lega è contraria, tanto che l’argomento non è rientrato nel contratto di governo. Il solo fatto di proporlo, quindi, potrebbe trasformarsi nella scorciatoia ideale per disturbare i piani di Mattarella & friends e costringere tutti a tornare alle urne.

Al fianco di Di Maio, nel videomessaggio del primo gennaio, c’era Alessandro Di Battista: un ideale passaggio di testimone, una piccola ‘rivoluzione’ interna al M5S per mirare, alle prossime Politiche, ad una maggioranza ancora più schiacciante rispetto al 33 per cento del marzo scorso. Un viatico verso una maggioranza parlamentare monocolore, tutta gialla. In questo senso il braccio di ferro intrapreso dal presidente Mattarella si potrebbe trasformare in un boomerang per i vecchi partiti. Un ricorso anticipato alle urne significherebbe tagliare fuori Pd e Forza Italia, lasciando spazio all’unica sfida possibile, quella tra i Cinque Stelle e l’unico partito visibile a destra, la Lega. A questo punto la domanda è: prevarrà la linea dorotea capitanata da Mattarella, o si attiverà la roulette delle urne alla quale sembra ormai pronto il Movimento Cinque Stelle? Non dovremo aspettare molto per scoprirlo.

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