Orrore senza fine al Parco Verde. “Il deserto educativo più totale”

Dalla morte di Fortuna Loffredo allo stupro di due cugine 13enni: una lunga scia di episodi di violenza e degrado sociale La criminologa Roberta Bruzzone: “Una realtà da brivido, i giovani emulano gli adulti e non gestiscono l’aggressività”

Nel tondo, la criminologa Roberta Bruzzone

NAPOLI – La violenza di gruppo su due cugine 13enni al Parco Verde di Caivano riaccende i riflettori su un quartiere che non vede la luce. L’ennesimo episodio. Troppe volte si è parlato del Parco Verde. Istituzioni, politici e sociologi. Ma nessuno trova la soluzione. “Lo sfondo della violenza è il degrado sociale e culturale. C’è un enorme problema diseducativo e di emulazione negli adolescenti”. Lo dice la psicologa forense e criminologa Roberta Bruzzone.

L’analisi

“Al Parco Verde c’è una realtà da brivido. Ma l’emergenza è nazionale – racconta – basta esaminare i numeri. Nel 2022 i minori denunciati per reati sessuali sono 2.027. Se in un ristorante in Sardegna usano una modella ricoperta di cioccolata e nel nord una palestra monta dei wc a forma di bocca di donna col rossetto, il messaggio che arriva è ‘il corpo della donna è a disposizione’. Va fatta una distinzione tra i fatti recenti di Palermo e Caivano. A Palermo sono tutti ragazzi di famiglie benestanti, dove i genitori li hanno lasciati a briglie sciolte (addirittura una mamma suggerisce al figlio di gettare il cellulare e dire che la ragazza era una ‘facile’). Mentre a Caivano il contesto è diverso e difficile. Io mi sono occupata dell’omicidio di Fortuna Loffredo. Qui la violenza è all’ordine del giorno. Devianze diffuse dal punto di vista sessuale. Spesso il problema dei minori non è solo l’assenza dei genitori, ma gli ampi esempi diseducativi. Un cocktail micidiale. Io parlerei deserto educativo, perché i giovani sono abbandonati. I fatti accaduti non mi sorprendono. Io avevo lanciato l’allarme già nel 2014. Gli adolescenti sono incapaci di gestire l’aggressività e prima o poi l’aspetto sessuale sarebbe emerso. Come accade in questi giorni”.

La vicenda

I fatti. Le tredicenni condotte in un capannone in disuso da sei ragazzi: cinque coetanei e un 19enne. Con l’inganno: la scusa di andare a giocare insieme. Così non è stato. Sarebbero state stuprate più volte dal gruppo. Il maggiorenne (presunto responsabile) ora è nel carcere di Poggioreale. Intanto il tribunale dei minori ha confermato per le due cuginette la permanenza in una casa famiglia in provincia di Napoli. In quella struttura sono state trasferite poco dopo la denuncia. Il tutto a inizio luglio, ma la denuncia ai carabinieri è arrivata solo ad agosto. Gli investigatori sono riusciti comunque a risalire al maggiorenne, che una delle vittime conosce. Ora l’attenzione della Procura passa sui telefoni cellulari (tutti sequestrati) e le chat, per ricostruire i momenti dell’aggressione. Sotto ai riflettori degli inquirenti video e commenti dei ragazzi. Qui c’è la verità. Intanto le visite mediche in ospedale avrebbero confermato i segni di abuso sulle delle due minorenni. E sotto inchiesta ci sono già 15 persone.

L’indignazione

La violenza al Parco Verde ha provocato indignazione. Maria Luisa Iavarone (docente universitaria e presidente dell’associazione Artur): “Le due ragazzine ingoiano la violenza subita, decidono di non parlare immediatamente di quanto avevano subito perché ancora in contesti di forte povertà educativa vale la regola non scritta del silenzio e dell’omertà. Insegniamo attraverso una pena esemplare che denunciare è giusto”. Anche il vicepremier Matteo Salvini è intervenuto sulla vicenda: “Presto in discussione la proposta di legge della Lega per la sperimentazione anche in Italia della castrazione chimica per stupratori e pedofili. Nessuna clemenza per chi mette le mani addosso a donne e bambini”. Mentre don Maurizio Patriciello, parroco del parco Verde, usa parole diverse: “Addolorato per la vicenda. Purtroppo se ne parlerà per qualche giorno, forse per qualche settimana, ma poi queste due povere ragazze si porteranno dentro questo trauma per tutta la vita, vivranno questo dolore con le loro famiglie”.

Il commento del vescovo

NAPOLI (Ciro Giugliano) – Nel cuore della difficile vicenda dello stupro di gruppo avvenuto in un capannone nel Parco Verde di Caivano, emerge la voce autorevole del vescovo della Diocesi di Aversa, mons. Angelo Spinillo. Con parole chiare e un richiamo alla responsabilità di tutti, il vescovo si fa portavoce della necessità di “ritrovare fiducia nelle istituzioni e nel dialogo”, al fine di combattere non solo l’atto di violenza in sé, ma anche il contesto di degrado sociale che lo ha reso possibile. L’intervista del vescovo Spinillo inizia con un appello diretto alla fiducia nelle istituzioni. Questo appello, benché formulato in risposta a un atto “tanto orribile quanto deplorevole”, pone l’accento sulla necessità di ritrovare un legame di fiducia con le strutture che rappresentano l’autorità e il supporto nella società. Secondo mons. Spinillo, questo è un passo fondamentale per contrastare il dilagare di violenze come quella subita dalle due giovani cugine. La riflessione del vescovo si sposta poi sulla responsabilità degli adulti. Mons. Spinillo critica apertamente l’incapacità di molti adulti di trasmettere valori e di accompagnare i giovani nell’educazione. Questo, secondo lui, costituisce una parte significativa del problema alla radice: “La sfida educativa, che richiede dedizione e fatica, è stata in parte trascurata, permettendo a comportamenti violenti e devianti di proliferare”.

Il tema del dialogo

Il vescovo affronta anche il tema del dialogo. La sua visione si basa sull’idea che il dialogo aperto e la fiducia nelle istituzioni siano strumenti potenti per smascherare e denunciare abusi e violenze. Questo è un richiamo al coraggio di fronteggiare situazioni difficili e di non rimanere soli di fronte alle avversità della vita. Il vescovo Spinillo sottolinea l’importanza di avere il coraggio di parlare, nonostante le voci allettanti che possono soffocare la voce della responsabilità e dell’educazione. La tragica vicenda delle due cugine diventa un’occasione per esaminare da vicino il degrado sociale che permea parti significative della società locale. Il vescovo Spinillo non esita a definire l’atto di violenza come parte di un “problema più ampio e profondo che richiede attenzione e azione collettiva”. La sua posizione mette in luce la gravità di un atto calcolato, perpetrato da minorenni contro vittime ancora più giovani, evidenziando la necessità di affrontare questo problema insieme.
Le parole del vescovo Angelo Spinillo gettano una luce di speranza e di richiamo all’azione. La lotta contro la violenza di gruppo e il degrado sociale richiede sforzi congiunti da parte di istituzioni, adulti, educatori e giovani stessi. Il richiamo alla fiducia nelle istituzioni e al dialogo aperto potrebbe costituire un passo fondamentale verso la guarigione di una società colpita da tali orrori.

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