Papa Francesco: “Torneranno tempi migliori, populismi come nel 1933 con Hitler”

Il Santo Padre in una intervista al giornalista britannico Iverigh, tradotta da Civiltà Cattolica, ha parlato del coronavirus e del futuro: "Ci ricorderemo di questa prova"

Foto Andreas Solaro / AFP in foto Papa Francesco

Non è mistero che Papa Francesco, in questi giorni bui e funesti, sia avvolto in una spessa coltre di preoccupazione. E non è mistero che rifletta – spesso a voce alta – sul presente e sul futuro con una visione così realistica da lasciare senza parole. “Penso alle mie responsabilità attuali e nel dopo che verrà. Quale sarà, in quel dopo, il mio servizio come vescovo di Roma, come capo della Chiesa? Quel dopo ha già cominciato a mostrarsi tragico, doloroso, per questo conviene pensarci fin da adesso”, ha rivelato in una intervista al giornalista britannico Austen Iverigh, dialogo tradotto da Civiltà Cattolica.

E’ molto presente, il Papa, nei limiti di come può essere la sua vita cadenzata dal lockdown. Per lui come per tutti. Ma ha molto chiaro che in questi momenti non bisogna nascondersi. Bisogna esserci, in prima linea: “Il popolo di Dio ha bisogno che il pastore gli stia accanto, che non si protegga troppo. Oggi il popolo di Dio ha bisogno di vere pastore molto vicino, con l’abnegazione di quei cappuccini, che facevano così”, il parallelismo legato ai Promessi Sposi, alla peste del 1630 e all’atteggiamento distaccato del cardinale Fedrigo”.

Era il 27 marzo quando Bergoglio, in una piazza San Pietro innaffiata dalla pioggia e deserta, aveva rivolto la sua supplica in mondovisione: “Dio, non lasciarci in balia della tempesta”. E aveva aggiunto che “ci siamo ritrovati tutti sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati”. Concetti ripresi e rimeditati alla luce degli sviluppi sempre più tragici del covid19: “Questa crisi ci tocca tutti: ricchi e poveri. È un appello all’attenzione contro l’ipocrisia. Mi preoccupa l’ipocrisia di certi personaggi politici che dicono di voler affrontare la crisi, che parlano della fame nel mondo, e mentre ne parlano fabbricano armi. È il momento di convertirci da quest’ipocrisia all’opera. Questo è un tempo di coerenza. O siamo coerenti o perdiamo tutto”. Nelle parole del Papa c’è anche la condanna dei populismi, pure questo un concetto non inedito: “Oggi, in Europa, quando si cominciano a sentire discorsi populisti o decisioni politiche di tipo selettivo non è difficile ricordare i discorsi di Hitler nel 1933, più o meno gli stessi che qualche politico fa oggi”.

Il Papa si appella alla fede e alla speranza. Il sole sorgerà anche dopo la notte più scura: “Tempi migliori arriveranno, e ci ricorderemo di questa prova. La creatività del cristiano deve manifestarsi nell’aprire orizzonti nuovi, nell’aprire finestre, nell’aprire trascendenza verso Dio e verso gli uomini, e deve ridimensionarsi in casa. Non è facile stare chiusi in casa”. Il capo della Chiesa come tutte le donne e tutti gli uomini costretti a una vita diversa, un Papa uomo tra gli uomini: “Mi viene in mente in un verso dell’Eneide che, nel contesto della sconfitta, dà il consiglio di non abbassare le braccia. Preparatevi a tempi migliori, perché in quel momento questo ci aiuterà a ricordare le cose che sono successe ora. Abbiate cura di voi per un futuro che verrà. E quando questo futuro verrà, vi farà bene ricordare ciò che è accaduto”.

(Vittorio Oreggia – Lapresse)

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