Pasqua in Campania, ci vuole un atto di fede

Ultimamente mi è capitato di sentire il presidente della fondazione Polis don Tonino Palmese, una delle più importanti voci della Chiesa in Campania, spazientito affermare a un mio studente della Scuola di Giornalismo che la Pasqua “si celebra”. Che poi si festeggi, è un’altra cosa. In cuor nostro, ognuno vive questi tempi complessi nella speranza di Rinascita. Il macrocosmo (pandemia e guerra) e il microcosmo (rabbie e paure) che appartengono a ogni individuo rischiano di essere una zavorra terrificante verso la festa simbolo assoluto della nuova vita. Che quest’anno cade anche mentre esplode la primavera e proprio mentre il Covid sembra allentare un po’ la sua letale presa.
Nonostante gli alberi in fiore (dove ancora resistono in città) e gli affetti finalmente a portata di abbraccio, però, c’è qualcosa che continua a pesare, e non si tratta solo del conflitto in Ucraina che – de facto – è un macigno sulle nostre anime. Pesa in Scampia che scende a manifestare inaugurando la nuova piazza Municipio asfaltata, scalciando con forza dopo essere stata come sempre periferia passerella delle promesse elettorali di tutti, sotto quel palazzo dove qualcuno al primo piano brinderà. Pesa quella croce che in piena piazza del Plebiscito portano gli operai Whirlpool con loro all’ennesimo tavolo istituzionale, dopo che la loro vertenza è stata parte integrante dei proclami politici di parecchi che ora svernano altrove. Pesa in quella piazza Garibaldi dove per l’ennesima volta i pendolari trovano la Metropolitana chiusa, stavolta in compagnia dei turisti che ancora una volta ci hanno accordato una fiducia che forse non meritiamo (non certo perché non siamo belli, ma per come gestiamo questa accoglienza). Pesa quella sanità negata a tutti quelli che ancora vivono qui e si barcamenano tra scioperi delle strutture convenzionate e liste di attesa infinite. Il tutto mentre il bipolarismo che era diventato tripolarismo (a livello nazionale) soccombe all’ombra del Vesuvio definitivamente sotto i colpi di un sistema che già alle urne vedeva uno squilibrio numerico evidente tra quelli che stavano con il sicuro vincente e gli altri. “Tutti dallo stesso lato, nella speranza di dividere il piatto”: quella brutta sensazione che diventa sospetto quando, immediatamente dopo essersi intestata una vittoria proprio sul tema sanità (la miracolosa sanità campana come diceva il Governatore), una delle principali interpreti dell’opposizione si vocifera possa passare alla maggioranza con tutti i suoi fedeli. Ed è inutile sottolineare quanto le opposizioni siano fondamentali per la tenuta del sistema democratico.
Pesa questo pranzo di Pasqua che, stando a quanto mi ha raccontato nei giorni scorsi il presidente di Federconsumatori Campania Giovanni Berritto, sarà un pranzo di contrazioni con i napoletani stretti tra cari e rincari, inflazione e benzina, bollette e stipendi precari. Pesa questa forbice che si allarga tra chi può e chi non può, in una regione dove – recita l’ultimo rapporto Bankitalia del 2021 – in una famiglia su 4 i figli hanno entrambi i genitori disoccupati. Pesa finanche guardando il mare di questa città che dal mare è caratterizzata e ricordandosi che lo stesso mare è negato, pesa sui napoletani che oggi possono guardare a San Giovanni o ancora a Bagnoli, con la consapevolezza che lo Stato italiano ha sperperato centinaia di milioni di euro affinché nulla cambiasse.
Allora sì, celebriamo la Pasqua. Festeggiarla invece è un atto di fede. E in questa città e in questa regione l’atto di fede sembra ormai non essere sufficiente a sperare in una rinascita.

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