Pd, Zingaretti lancia la sfida: “Agenda di governo e ius soli”. Scontro con il M5S

Foto LaPresse / Filippo Rubin in foto Nicola Zingaretti

BOLOGNA – Nicola Zingaretti non ha neanche il tempo di godere del successo bolognese, con tanto di standing ovation della platea, che le consuete polemiche di governo e il nodo ‘regionali’ lo travolgono. Il segretario Pd aveva galvanizzato la comunità dem con un discorso accorato, e spostato a sinistra, in cui aveva sferzato i “cantori di distruzione” (diretto a Matteo Renzi), aveva lanciato la sfida alla destra annunciando il superamento dei decreti ‘Salvini’; aveva proposto al premier Giuseppe Conte una nuova agenda di governo con capisaldi tre punti che corrispondono alla nuova identità dem (giustizia sociale, giustizia ambientale, giustizia fiscale). E soprattutto aveva anestetizzato le timide proteste interne su un Pd troppo ‘annullato’ dai 5 stelle di governo rilanciando anzi urlando battaglia a favore dello ius soli e ius culturae.

Ma a nulla sono serviti gli appelli in difesa del Conte bis (in questo sostenuto dall’ex premier Paolo Gentiloni) e alla lealtà all’esecutivo (richiesta anche agli alleati) che proprio dai 5 Stelle sono arrivati i primi colpi. I pentastellati, per voce niente meno del capo politico Luigi di Maio, si definisco addirittura ‘sconcertati’ dal fatto che in un’Italia colpita dall’emergenza maltempo il Pd trovi il tempo di parlare di Ius Soli. “Col maltempo che flagella l’Italia, il futuro di 11 mila lavoratori a Taranto in discussione, qui si parla di ius soli – commenta Di Maio -: sono sconcertato”. Come se una cosa escludesse l’altra, tanto che lo stesso Andrea Orlando si è trovato costretto a ricordare che i dem sanno fare due cose nella stessa giornata e la vicepresidente Debora Serracchiani ha invitato a un dialogo pacato e aperto “senza canizze strumentali”.

La sfida più importante del Pd, prima ancora che disegnare il proprio assetto, definito dall’approvazione del nuovo statuto da parte dell’Assemblea nazionale riunita a Bologna, sembra infatti quella di sostenere l’alleanza di governo dalle bordate che arrivano dall’esterno (Matteo Salvini non si è fatto attendere nell’annunciare battaglia per fermare lo Ius Soli ed evitare che si cambino i Decreti Sicurezza), e dall’interno come gli stessi grillini e Italia Viva.

Un esecutivo difeso senza però perdere la propria identità, promette Zingaretti

“Governiamo per l’Italia e non per accrescere noi stessi dando picconate alla coalizione. Ma non premettemmo che altri picconino la coalizione”. Il bersaglio questa volta è Matteo Renzi. Chi tra gli alleati “ci attacca per proprio tornaconto scava la fossa per se stesso e per tutto il centrosinistra italiano perché il Pd sarà sempre il pilastro di ogni risposta alla destra risorgente, autoritaria e xenofoba”, dice ‘il segretario del noi’, lanciando a Conte la proposta di una nuova agenda di governo dal sapore ‘riformista’. Tra i punti anche una legge sull’equo compenso per i giovani professionisti e un’altra per la parità di salario fra donne e uomini. Ed alza la voce (fatto più unico che raro): “lo facciamo per raggiungere un obiettivo e non per mettere bandierine e avere un’intervista sui giornali. Ci vuole serietà non comizi” con velato riferimento a chi come Matteo Orfini aveva proposto 5 punti all’ordine del giorno dell’Assemblea, tutti recepiti.

Risolte le questioni interne è dalla Calabria che soffiano venti di burrasca con l’inatteso passo indietro del candidato dem Florindo Rubbettino, deciso a non andare avanti per le eccessive divisioni dell’alleanza che lo avrebbe dovuto sostenere. Dalla segreteria nazionale Pd fanno sapere che non è l’unica possibilità di candidatura civica per allargare il campo del centrosinistra. Una di loro si è già palesata, è quella di Maurizio Talarico, il ‘re delle cravatte’ romano che ha dato la sua disponibilità. (LaPresse)

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