Rdc, Cuffaro: reati penali incompatibili con la misura, sospendere la variazione

"I reati penali sono incompatibili con il Reddito di cittadinanza a meno che non siano trascorsi almeno dieci anni dalla condanna"

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

PALERMO – “I reati penali sono incompatibili con il Reddito di cittadinanza a meno che non siano trascorsi almeno dieci anni dalla condanna. Questo è quello che è accaduto con la modifica applicata nel decreto aiuti entrato in vigore il 15 luglio 2022. Ho sempre sostenuto che la politica della Democrazia Cristiana nuova deve essere giovane e soprattutto deve ascoltare i bisogni delle persone, questo è quello che stanno facendo i miei dirigenti. La stortura di questa modifica mi viene segnalata da uno dei nostri giovani consiglieri neoeletti al Comune di Palermo, Salvo Imperiale, da sempre vicino alle persone più bisognose della città”. Così in una nota il commissario regionale della Dc Nuova, Totò Cuffaro.

“È ormai evidente – prosegue – che nel dibattito politico, il reddito di cittadinanza viene troppo spesso esposto come un baluardo e troppo spesso ridotto a misere tifoserie da stadio ridicolizzando e sminuendo il suo valore reale ovvero, quello di essere la più importante riforma del welfare degli ultimi decenni oltre che paracadute del tracollo socioeconomico soprattutto nel periodo pandemico. Certamente – sottolinea – il Reddito di Cittadinanza non è privo di pecche, ma nulla che non si possa modificare rendendolo più preciso senza mai perdere la focalità della lotta all’illegalità. Ciò che però rende incomprensibile a me e ai miei dirigenti la modifica in vigore da luglio 2022 è la sua incostituzionalità in ambito penale. Un condannato che ha scontato la sua pena e che quindi è stato rieducato e reinserito nella società, ma che non riesce a trovare lavoro, non ha diritto a percepire il reddito di cittadinanza se non dopo 10 anni. La DC ha assunto una posizione chiara che ci vedrà impegnati con tutti i mezzi possibili e necessari aprendo anche interlocuzioni con Roma, affinché questa variazione discriminante venga sospesa, così da permettere almeno al nucleo familiare, spesso donne e bambini, di poter usufruire di questo importante strumento contro la povertà senza perdere mai di vista il principio di legalità con il quale lo si debba applicare”, conclude Cuffaro.

(LaPresse)

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