Regno Unito, Johnson in bilico: il Governo in rivolta e raffica di dimissioni

In crisi il governo

Governo inglese in crisi (foto LaPresse)

LONDRA – ‘Addio Boris’. Questo il coro sarcastico che i deputati a Westminster hanno intonato quando il premier britannico ha lasciato l’aula, ma nonostante la raffica di lettere di dimissioni Johnson insiste nel voler restare al suo posto.

Oltre 35 tra ministri, sottosegretari e segretari parlamentari hanno rinunciato all’incarico per protesta contro la perdita di credibilità del premier, seguendo l’esempio dei due pesi massimi del partito conservatore che si sono dimessi martedì sera. Il cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak e il ministro della Sanità Sajid Javid hanno rimarcato che la loro coscienza impediva loro di continuare. Javid in Parlamento ha poi rincarato la dose, invitando altri ministri a lasciare la nave che affonda e dichiarando che è chiaro che “le cose non miglioreranno perchè il problema è al vertice”.

Anche Michael Gove, ex braccio destro di Johnson nella campagna per Brexit, lo ha invitato ad andarsene. Il premier ha insistito che deve rimanere alla guida del Governo per “gestire le cose che interessano davvero alla gente come il costo della vita e l’aumento dell’inflazione”. “Ho ancora il sostegno del partito e degli elettori”, ha detto BoJo, nonostante un sondaggio a caldo di YouGov mostri che il 69% degli interpellati ritiene che dovrebbe dimettersi.

Johnson è già sopravvissuto a una serie di scandali, ma l’ultimo rischia di essergli fatale. Il premier infatti ha promosso Chris Pincher alla carica di supervisore della disciplina del partito, pur sapendo che era stato indagato in diverse occasioni per molestie sessuali. Quando la settimana scorsa Pincher è stato accusato da due uomini di averli palpeggiati in un club frequentato da Tories, Johnson prima ha esitato a sospenderlo e poi ha negato di essere a conoscenza dei precedenti. Messo alle strette dalle testimonianze di alti funzionari che hanno contraddetto la sua versione dei fatti, BoJo ha sostenuto di essersi dimenticato delle accuse contro Pincher. Una scusa questa considerata poco credibile da molti conservatori, che considerano inaccettabile che abbia mentito e abbia costretto altri membri del Governo a fare altrettanto.

Anche quando è scoppiato il ‘partygate’, lo scandalo sulle feste illecite a Downing Street durante la pandemia, il premier inizialmente aveva negato tutto, fino a quando le foto della sua partecipazione agli eventi lo aveva costretto a modificare la storia e sostenere che si trattava di “incontri di lavoro”. Johnson era sopravvissuto al voto di fiducia del 6 giugno, anche se il 41% dei deputati conservatori gli aveva votato contro. Si profila, forse già la settimana prossima, un secondo voto che difficilmente potrebbe vincere. Il Comitato 1922 dei notabili del partito, che si riunirà lunedì, intende modificare le regole attuali, che prevedono un intervallo di 12 mesi tra un voto e l’altro per consentire ai Tories di esprimere di nuovo la loro opinione sul leader. Keir Starmer, leader dell’opposizione laburista, ha chiesto invece elezioni anticipate, perché, ha attaccato, “il partito conservatore è ormai profondamente corrotto”.

(LaPresse)

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