Ruanda, 25 anni fa il genocidio: 100 giorni di lutto per gli 800mila morti

Non tutte le ferite sono cicatrizzate: per le famiglie delle vittime il perdono è difficile da accordare quando i corpi non sono stati ritrovati o quando i responsabili sono sfuggiti alla giustizia

(Photo by Jacques NKINZINGABO / AFP)

KIGALI – Ruanda 25 anni dopo il genocidio. Il 7 aprile del 1994 cominciavano i massacri fra huti e tutsi, che si sarebbero conclusi il 4 luglio lasciando senza vita 800mila persone. Un trauma che continua a gettare un’ombra sul Paese africano nonostante questo abbia trovato la forza di rialzarsi.

Il Ruanda ricorda le vittime del genocidio

L’anniversario sarà celebrato con una cerimonia a Kigali. Di mattina il presidente ruandese, Paul Kagame, accenderà una fiamma in ricordo delle vittime al memoriale di Gisozi accompagnato da diversi dignitari, soprattutto africani; poi di pomeriggio pronuncerà un discorso allo stadio Amahoro. La giornata aprirà una settimana di iniziative di commemorazione e inaugurerà 100 giorni di lutto nazionale, che si concluderanno proprio il 4 luglio.

Lo sterminio di 800mila persone

Per i sopravvissuti la commemorazione del genocidio è una dura prova, che fa riaffiorare le immagini delle uccisioni che, secondo l’Onu, in tre mesi provocarono 800mila morti. Principalmente fra i membri della minoranza tutsi. Tutto cominciò il 7 aprile del 1994, all’indomani dell’omicidio del presidente Juvenal Habyarimana, un Hutu. Cominciarono i massacri dei tutsi da parte delle Forze armate ruandesi (Far) e dei miliziani hutu Interahamwe. Ma anche da parte di civili hutu esaltati dalla propaganda anti-tutsi.

Le forze ribelli guidate da Kagame entrano a Kigali

La tragedia terminò il 4 luglio con l’ingresso a Kigali della ribellione tutsi del Fronte patriottico ruandese (Fpr) diretto da Kagame. Che da allora è rimasto l’uomo forte del Ruanda presiedendo alla ripresa del Paese. Una ripresa simboleggiata innanzitutto dallo sviluppo economico del Ruanda, di cui Kigali è diventata la vetrina moderna; un’ascesa favorita dagli aiuti di una comunità internazionale che sentiva di dovere qualcosa per la sua inerzia durante il genocidio.

Vietando ogni riferimento all’appartenenza etnica nella vita pubblica e facendo della giustizia dei responsabili del genocidio una priorità, con l’aiuto di tribunali popolari, le autorità sono riuscite a far coesistere pacificamente vittime e carnefici. E una maggioranza di ruandesi, 7 milioni su 12, non era nata all’epoca del genocidio.

Molti carnefici sono sfuggiti alla giustizia

Ma non tutte le ferite sono cicatrizzate: per le famiglie delle vittime il perdono è difficile da accordare quando i corpi non sono stati ritrovati o quando i responsabili sono sfuggiti alla giustizia. Inoltre, secondo i numerosi critici del regime, l’apparente consenso sociale è solo il risultato dell’autoritarismo di Kagame. Rispettato in Africa, il presidente ruandese è accusato in Occidente di calpestare la libertà d’espressione e mettere a tacere ogni opposizione.

Le accuse di complicità al governo francese

Cinque anni fa, nel 2014, Kagame – che da sempre rimprovera alla Francia di essere stata complice del regime hutu responsabile del genocidio – aveva fatto infuriare Parigi. Accusando l’esercito francese di avere partecipato attivamente ai massacri. Così la Francia aveva disertato le commemorazioni.

Il presidente Macron diserta la commemorazione

Questo 25esimo l’anniversario giunge in un clima diplomatico decisamente meno teso, ma Emmanuel Macron non sarà comunque presente a Kigali (ha declinato l’invito per problemi di agenda). Il rifiuto però non ha indisposto Kagame, con cui ha relazioni cortesi. Venerdì Macron ha annunciato ufficialmente l’apertura di “tutti gli archivi francesi” sul periodo 1990-1994. Impegno che aveva assunto a maggio del 2018 proprio al termine di un incontro con Kagame. Macron non sarà l’unico grande assente.

Assenti anche il presidente dell’Uganda e Guterres

L’attuale segretario generale dell’Onu Antonio Guterres non sarà in Ruanda (nel 2014 il suo predecessore Ban Ki-moon aveva affermato che l’uomo avrebbe potuto “fare molto di più” per impedire il genocidio). E non ci sarà neanche il presidente dell’Uganda Yoweri Museveni, accusato da Kigali di dare asilo a ribelli ruandesi. Fra i due Paesi, alleati negli anni ’80, la tensione è attualmente altissima.

(LaPresse/AFP)

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