Scavi di Pompei: Ferragosto con i botti. In salsa spagnola

di Federico L.I. Federico

Ha finalmente valicato il Ferragosto questa nostra torrida estate 2021, le cui notti ci hanno dato un poco di refrigerio, ma anche gli immancabili botti dei fuochi d’artificio.
E anche l’Agenzia ANSA ha fatto il proprio botto agostano nella mattina del giorno 16 di Agosto, verso mezzogiorno, dando breve comunicato: Rinvenuta una tomba con resti umani e suppellettili presso la necropoli di Porta Sarno…Si tratta dell’ultima scoperta di Pompei, avvenuta nel corso di una campagna di scavo promossa … dal Parco Archeologico di Pompei e dall’Università Europea di Valencia Napoli 16 Agosto 2021.

Il giorno dopo, 17 di Agosto, la testata on line ANSA.it dava però la notizia di un ritrovamento eccezionale a Pompei, con un titolo forte: “A Pompei scoperta tomba unica, è giallo sul corpo semi-mummificato”.
Nell’articolo, corposo e ricco di particolari si annunciava la scoperta di: “Una tomba particolarissima, a recinto, …e una camera per l’inumazione in un periodo in cui nella città i corpi degli adulti venivano sempre incenerati.”

Nell’articolo il Direttore del Parco Zuchtriegel e il prof. Llorenç Alapont dell’Università di Valencia annunciano che si deve al lavoro di un team interdisciplinare di esperti lo scavo e il recupero dei reperti, tra i quali uno scheletro semi-mummificato. Secondo Zuchtriegel: “Uno degli scheletri meglio conservati della città antica”.
A seguire una dichiarazione di plauso del Ministro Dario Franceschini: “Pompei non smette di stupire e si conferma una storia di riscatto, un modello internazionale”, un luogo capace di “regalare al mondo risultati straordinari che sono motivo di orgoglio per l’Italia”.

La particolarità di quello scheletro è che esso fu di un antico Pompeiano, tale Marcus Venerius Secundio, che si fece però inumare in una tomba definibile a “camera” mortuaria. Essa era del tutto murata e apparentemente inaccessibile.
E ciò spiega perché poco più di venti anni fa una équipe variegata e multidisciplinare di oltre venti (!) archeologi e tecnici italiani di varia competenza, guidati dall’allora Direttrice Grete Stefani, con la collaborazione di altri tre funzionari archeologi esperti, del calibro di Antonio D’Ambrosio, Lorenzo Fergola, Marisa Mastroroberto, arrivò davvero …a un passo dalla Tomba di Marcus. Senza però indagarla. Eppure quei funzionari erano nella occasione affiancati dal navigato geologo Giovanni Di Maio allora sempre presente con i tecnici della sua “Geomed S.r.l.” Ma la ispezione delle Tombe affioranti nella zona non fu portata a termine. Essa era stata ordinata dall’allora Ministero dei Trasporti, nell’interesse della Circumvesuviana che intendeva sottopassare in galleria l’area archeologica di Pompei nel tratto tra Torre Annunziata e Scafati.

Vent’anni sono passati: la tratta interrata è stata realizzata solo con la galleria Boscotrecase/Boscoreale, meglio assistita da Sindaci e Politici d’area rispetto a quella di Pompei, che ha espresso a raffica Sindaci populisti o incapaci, anzi capaci soltanto di consegnare il Comune nelle mani avide e ruvide di Commissari prefettizi nominati a oltranza. Da qui l’odierno Progetto EAV. Qualcuno scriverà la storia di questi vent’anni perduti.
Torniamo però ai botti agostani. Stranamente sparati dopo il ritorno in Spagna degli effettivi protagonisti della scoperta: gli Spagnoli di Valencia, ai quali era stato affidato un sito ritenuto di modesto valore, oltretutto al di fuori dell’area archeologica demaniale. Essi, in tre o quattro mesi di lavoro di scavo, distribuiti tra il 2018 e il 2021, con la forzata interruzione da lockdown 2020, hanno portato a termine quel… popò di scoperta. Fortuna? Forse un po’.

Ma anche in questa imprevedibilità risiede il fascino della ricerca Archeologica, che spesso si fa con il botto di… popò. Per dirla in chiaro. E il botto finale se lo è riservato, more solito, il megadirettore dei musei statali Osanna, il quale, secondo l’ANSA, ha elaborato l’ipotesi che Marcus, un ex schiavo, scegliendo di farsi inumare e non cremare si “…sentisse o fosse estraneo al corpo sociale della città, uno straniero insomma, forse arrivato proprio da qualche altro luogo dell’impero romano o da Roma dove in quel periodo alcune famiglie continuavano a praticare l’inumazione”. Anche questo un botto eccessivo nel solco della spettacolarizzazione ad ogni costo?

Forse sì… un popò! Con questi ragionamenti, tesi e antitesi si accavallano e si elidono come i botti delle nostre notti estive dai mille colori che vivono e muoiono lasciando solo tracce effimere dietro di sé. E ora non scomodiamo più i …popò!!
I fatti narrati sono per noi comunque positivi. Cogliamo però un trionfalismo mediatico esasperato, in quanto si tratta pur sempre di Pompei, che è diventato il mito condiviso dell’Archeologia mondiale grazie appunto a decine, anzi centinaia, se non migliaia di “scoperte” simili per un paio di secoli. In effetti ri-scoprimenti…
Oggi il valore aggiunto è l’interdisciplinarietà? Ma essa a Pompei, come a Lòngola, già si praticava venti anni fa. Compresa quella ordinata dal Ministero dei Trasporti. E oggi la si pratica dappertutto. Non è affatto una prerogativa pompeiana.

Noi non dimentichiamo certo che stavolta si tratta del corpo di un uomo, che non morì per l’eruzione, essendo già morto prima. Il nostro Marcus si fece però inumare, scegliendo per sé un rito che veniva usato in epoca molto più antica, quella Osca. Ma – come si sapeva finora, salvo prova contraria – non nella Pompei romana dove, con la sola eccezione dei bambini, i cadaveri venivano sempre cremati. Questa è la vera scoperta.
L’interdisciplinarietà potrà dirci perché e, forse, indicarci le connessioni tra la inumazione di Marcus e la ubicazione della sua Tomba presso la Porta di Sarno, una volta detta Porta di Iside, antichissima dea della mitologia egizia, che così compare nelle Cartografie ‘800 degli Scavi. Il recentissimo libro “Pompei. Misteri del Tempio di Iside. Le radici liquide della Terza Pompei”, Ed. Flavius tratta proprio la inesplorata questione della arcaicità preromana di Pompei. E del Canale Sarno, che scorreva proprio nei luoghi della Tomba di Marcus fino a qualche decennio fa.

Intanto, oggi e in prospettiva, si pone il problema irrisolto di Pompei: la conservazione dei reperti scavati. Non solo il cadavere mezzo mummificato di Marcus, che andrà in qualche laboratorio, ma anche i muri, gli intonaci e gli affreschi della sua Tomba, scavata dagli Spagnoli in un sito reliquato da vecchi lavori ferroviari della Circumvesuviana, che nel Novecento hanno obliterato l’innesto del Canale Sarno nella murazione difensiva Osca e preromana, alterando l’intero contesto ambientale.
A tutt’oggi, infatti, la salvaguardia del sito, improvvisamente famoso, è garantita soltanto da una videosorveglianza remota, mentre la valorizzazione è casualmente garantita dai filari dei vigneti del noto Resort pompeiano Bosco de’ Medici. E, meno male!
Ma un… popò poco, per essere un modello internazionale.

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