Sostegni, aiuti flop. La rabbia di sindacati e commercianti: “Così falliranno tutti”

Covid. In Campania De Luca proroga le restrizioni. Chi ha perso il 29% non avrà nulla, Confesercenti pronta alla protesta

NAPOLI – Il decreto ‘sostegni’ di Mario Draghi è arrivato, è stato anche pubblicato in Gazzetta ufficiale ed ora dovrà passare al vaglio del Parlamento. Le misure non piacciono. Non piacciono alle imprese, non piacciono alle partite Iva, non piacciono ai sindacati. Gli aiuti economici, in totale 32 miliardi, disposti dal governo non sono abbastanza. Le critiche piovute un po’ da tutte le parti riguardano sia il merito, ovvero la divisione delle risorse per i vari settori, che il metodo.

Le categorie sono in agitazione. Oggi Confesercenti, che ha bocciato in toto il decreto sostegni, scende in piazza contro governo e Regione. “Confesercenti Campania – spiegano Vincenzo Schiavo, Nicola Diomiaiuta (Immagine e benessere di Confesercenti), e Giuseppe Esposito – scende al fianco di categorie trascurate dalle istituzioni nell’emergenza Covid. Hanno ricevuto appena 4200 euro circa da Stato (2200 euro) e Regione (2000 euro) in un anno di lockdown. Peraltro si tratta di attività centrifugate dai vari Dpcm che ne hanno disposto aperture e chiusure repentine, con la conseguenza di aumentare e non ripianare le perdite“.

Sulla stessa lunghezza d’onda Carla Della Corte, presidente di Confcommercio: “Siamo molto delusi dal decreto Draghi. A questo punto, visto che non riescono ad aiutarci, l’unica alternativa è riaprire. Il contagio non avviene nei negozi, dove rispettiamo le regole e le persone indossano la mascherina. Potremmo restare aperti in settimana e chiudere nei week end”. Il decreto, secondo Della Corte, non ha una ratio precisa: “Hanno cercato di accontentare tutti e hanno penalizzato tutti. Le nostre aziende chiuderanno, la gente vive con le attività commerciali, per i dipendenti poi è un inferno, la cassa integrazione non arriva mai”.

Entrano nel merito del decreto, poi, le associazioni dell’artigianato. “Per un’impresa piccola che ha perso il 30% gli vengono dati circa 2mila euro. Serve a poco o nulla. L’assurdità è che quelle che hanno perso il 29% non avranno nulla. Il Paese è in confusione, anche sullo stralcio delle cartelle si sbandiera un grande successo ma così come strutturata è una misura che serve a poco”, spiega Giuseppe Cerella, presidente della Claai. “Le persone non hanno soldi. Dovrebbero dilazionare le tasse di questi due anni per i successivi 10 e darci aiuti veri, concreti. Le file alla mensa dei poveri parlano da sole”, aggiunge.

Se il mondo delle imprese si è schierato contro il decreto, ritenendolo insufficiente, ancora più dura è la critica dei sindacati. “Il blocco dei licenziamenti doveva essere più lungo, almeno fino a dicembre se non oltre. C’è un grande problema che forse sfugge al governo: non si può dare il via libera ai licenziamenti prima del Recovery fund. Le cose devono avvenire al massimo in contemporanea. Altrimenti si rischia una crisi sociale come quella del ’29 in Usa, al Mezzogiorno ci troveremo dall’oggi al domani con centinaia di migliaia di disoccupati”, spiega Lorenzo Medici, segretario generale Cisl Campania. “Un errore anche il mancato confronto con i sindacati. La concertazione deve essere vera, non solo quando conviene. Se si scegli un metodo lo si porti avanti”. Deluso il mondo della ristorazione: “E’ cambiato poco – spiega Alessandro Panico, tra i gestori dei pub Blackwood – Pochi sostegni, serve un secondo intervento. Non è stato affrontato il problema dei fitti, un dramma per la categoria. Resteremo chiusi ancora a lungo, pagare migliaia di euro il fitto è impensabile”.

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