Sparatoria di Pescara, l’ombra della mafia pugliese

PESCARA – C’è la mafia dietro la sparatoria del bar del Parco del Capoluogo abruzzese. Ma, morto Walter Albi, solo Luca Cavallito, il sopravvissuto al raid può dare una svolta alle indagini. Sempre che riesca a sopravvivere. Ora è in una stanza della rianimazione presso l’Ospedale di Pescara piantonata dalle forze dell’ordine giorno e notte.

La decisione

La decisione è stata presa dal prefetto, Giancarlo Di Vincenzo in collaborazione con il procuratore capo Giuseppe Bellelli e il sindaco Carlo Masci. “Perché lunedì sera — spiegano gli inquirenti –   malgrado il killer del Bar del Parco quasi sicuramente un italiano, abbia sparato in mezzo minuto otto colpi di calibro 9, non può ancora dire di aver portato a termine la missione. Walter Albi è morto, ma Luca Cavallito è ancora vivo”. Per cui è molto probabile che i killer si rifacciano vivi.

Il bollettino

Anche se le condizioni di Cavallito sono alquanto preoccupanti pere che nelle ultime ore siano “lievemente migliorate” riferiscono i medici che lo hanno in cura. Intanto in un video estratto dalle telecamere del bar in cui si vedono le immagini dell’uomo col casco che tira fuori la semiautomatica mentre raggiunge a piedi il locale si evince che dieci minuti prima aveva fatto già un sopralluogo passando davanti al locale su una motocicletta per vedere dove erano seduti Albi e Cavallito.

Il tradimento 

Dalle immagini appare un uomo abbastanza uomo “ma – spiegano gli inquirenti – potrebbe anche essersi infilato qualche maglione per non farsi riconoscere”. Tra l’altro appare chiaro che Albi e Cavallito “quella sera sono stati traditi da qualcuno che stavano aspettando seduto al tavolino del bar, con 12 pizzette già pronte sui vassoi. Qualcuno con cui erano entrati in affari”, sostengono gli investigatori. Ci sarebbe infatti la mafia di Cerignola alla base dell’agguato che gestisce molti degli i movimenti nella zona.

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