Presunte tangenti pagate da Eni in Nigeria: a processo i vertici del gruppo

Tra gli imputati anche l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. Lascia l'incarico l'avvocato del governo federale del Paese africano che ha chiesto di costituirsi parte civile

Claudio Descalzi (Eni), ospite a In Mezz'Ora
Foto Roberto Monaldo / LaPresse in foto Claudio Descalzi

MILANO (Marco Maffongelli) A processo i vertici dell’Eni per presunte tangenti pagate dalla società petrolifera in Nigeria. Si è aperto questa mattina il procedimento, presso la Decima sezione penale del Tribunale di Milano, nei confronti di 15 imputati. Una seduta-lampo, visto che il giudice ha rinviato immediatamente i lavori al  20 giugno, quando verranno discusse le richieste di costituzione di parte civile. Tra coloro che hanno chiesto di costituirsi parte civile anche il governo federale nigeriano. Su questo fronte, però, va evidenziata la rinuncia al mandato espressa, proprio questa mattina, dall’avvocato Domenico Carponi Schittar. Una situazione, quello del rappresentante legale del governo nigeriano, che sta assumendo i contorni del grottesco. Infatti anche il precedente avvocato Hillary Sedu aveva deciso di rimettere l’incarico.

A processo i rappresentanti dell’Eni

Tra i 15 imputati c’è anche l’attuale amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, nonché colui che l’ha preceduto, vale a dire Paolo Scaroni. Alla sbarre anche l’ex presidente della ‘Shell Foundation’ ed ex dirigente di Shell, Malcolm Brinded. Imputate anche Eni e Shell, in quanto società responsabili. All’epoca dei fatti Descalzi era direttore generale della divisione ‘Exploration’ e ‘Production’ del gruppo.

Le accuse
Secondo l’impianto accusatorio della Procura, nel 2011 Eni e Shell avrebbero pagato tangenti a esponenti del governo nigeriano, per una somma complessiva di circa 1,3 miliardi di euro, per acquistare la licenza che permetteva l’esplorazione del campo petrolifero denominato ‘Opl-245’, di competenza della Nigeria. I fatti contestati vanno dall’autunno 2009 al maggio 2014. Tutti gli imputati hanno sempre respinto le accuse, dichiarando che le somme dovute per l’acquisizione della licenza erano state versate su un conto ufficiale del governo nigeriano. Gli imputati riconducibili a Eni e Shell poi hanno ribadito che il trasferimento di parte del denaro su altri conti sarebbe avvenuto al di fuori della sfera d’influenza delle società petrolifere.
Le ripercussioni in Borsa
Eni deve fare i conti con una mattinata caratterizzata da una lieve flessione del titolo (pari a circa lo 0,22%) a Piazza Affari. Anche il petrolio ha ravvisato un calo moderato (-0,16%), ma probabilmente un risultato figlio anche delle rassicurazioni dell’Opec, che ha evidenziato di poter compensare un eventuale calo delle esportazioni iraniane. Proprio la questione iraniana aveva fatto registrare, giovedì scorso, un’impennata del prezzo ‘al barile’, per i timori di possibili ripercussioni (sulla produzione) delle sanzioni contro lran.

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