Tokyo 2020, Coe esalta l’Italia: “Su Jacobs solo illazioni, Tamberi emozionante”

L'ex campione olimpico non entra nella polemica creata da alcuni giornali anglosassoni su Marcell Jacobs

Marcell Jacobs (AP Photo/Francisco Seco)

TOKYO – Sebastian Coe esalta l’atletica italiana. Dopo anni difficili l’exploit di Tokyo, con i trionfi nei 100 metri e nel salto in alto, ha portato gli Azzurri in vetta alla disciplina regina dei Giochi. “Ma davvero non eravate mai arrivati in finale dei 100 metri?”, chiede il presidente di World Athletics ai cronisti italiani in un incontro prima delle gare mattutine. L’ex campione olimpico non entra nella polemica creata da alcuni giornali anglosassoni su Marcell Jacobs, ma si dice stupito. “C’è un sistema che garantisce la certezza di ogni prestazione. Sono solo speculazioni”, spiega. Coe racconta di aver seguito “i progressi” dell’azzurro. “Con molto allenamento e un buon tecnico le cose possono accadere”, racconta.

Il numero uno dell’atletica mondiale poi tesse le lodi di Gianmarco Tamberi. “Ha temperamento e carattere. Noi non vogliamo robot e lui ha fatto vedere emozioni”, dichiara dicendosi felice anche per il padre allenatore Marco di cui è un buon amico. Sulla questione legata all’oro condiviso con Barshim il dirigente sportivo preferisce non prendere una posizione netta. “Qualcuno dice che dovevano proseguire, altri che è stato uno dei momenti più belli della storia dell’atletica. E’ un dibattito aperto e ne discuteremo”, dice.

Nella sua panoramica a 360 gradi su quanto sta accadendo ai Giochi, Coe tocca pure due punti di strettissima attualità ovvero la questione legata alle scarpe degli atleti che migliorebbero le prestazioni e quella relativa alla salute mentale dei protagonisti. Sul primo Coe è lapidario: “La differenza la fa sempre l’atleta”. L’innovazione va avanti. “Se la pista della Mondo è veloce io non ho problemi e nessuno disegna scarpe per andare piano ma non sono stati distrutti tutti i record del mondo”, spiega. Riguardo infine alle condizioni di salute degli atleti il problema c’è, “è importante ma non deve diventare quello dominante”. E poi, a suo dire, nell’atletica “i nostri coach non si occupano solo dell’aspetto fisico ma sono anche grandi psicologici”.

(LaPresse)

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