Brexit, Jeremy Hunt ministro degli Esteri dopo le dimissioni di Johnson

Scelto immediatamente il sostituto

Jeremy Hunt (foto Peter Byrne/PA Wire)

Londra (LaPresse/AFP) – Jeremy Hunt è stato nominato ministro degli Esteri del Regno Unito a seguito delle dimissioni di Boris Johnson.

Terremoto nel governo di Theresa May. Due dimissioni di pesi massimi della squadra sono giunte a distanza di poche ore l’una dall’altra. Prima il ministro per la Brexit David Davis, poi il ministro degli Esteri Boris Johnson. Entrambi in rotta di collisione con il piano di May per mantenere relazioni economiche strette con l’Ue anche dopo il divorzio, in programma per il 29 marzo del 2019.

Terremoto in Inghilterra

Il piano era stato discusso venerdì sera, in una riunione del Consiglio dei ministri tenutasi nella residenza di campagna della premier a Chequers, 70 chilometri a nordovest di Londra. May sembrava avere raggiunto un consenso dopo mesi di divisioni interne ai conservatori sulla linea da mantenere nei negoziati, ma evidentemente non era così. E adesso il rischio è di una mozione di sfiducia che provenga proprio dai deputati Tory. I sostenitori della premier, tuttavia, ritengono che May spererebbe il test del voto sulla mozione, dal momento che attualmente nessuno sembra in grado di raccogliere i conservatori intorno a una posizione comune.

Il “sogno” della Brexit “sta morendo, soffocato da insicurezze superflue”, ha scritto Boris Johnson a May nella lettera di dimissioni. Lettera in cui sostiene che il Paese rischia una “semi-Brexit”. “Devo andare” perché “in coscienza non posso sostenere” le proposte per le quali si è accordato il governo venerdì, conclude l’ex sindaco di Londra, da sempre sostenitore del ‘leave’ e di una ‘hard Brexit’. Poche ore prima di lui, Davis, finora responsabile di negoziare il divorzio con l’Ue, aveva motivato così la sua scelta di lasciare: “La direzione generale della politica del governo, nella migliore delle ipotesi, lascerà la Gran Bretagna in una posizione debole nei negoziati con l’Unione Europea, e forse senza via di uscita”. Con lui si è dimesso anche il sottosegretario per la Brexit, Steve Baker.

I motivi dell’addio

L’occasione di rispondere, per May, è stato un intervento in Parlamento, giunto poco dopo l’annuncio dell’addio di Boris Johnson. Con i due ministri dimissionari “non siamo d’accordo sul modo migliore di portare a termine il nostro impegno comune per rispettare il risultato del referendum del 2016”, ha ammesso la premier. Che pur rendendo omaggio ai due “per il loro lavoro nel corso degli ultimi due anni” ha voluto difendere difeso l’accordo trovato venerdì in seno al suo governo, per una relazione commerciale stretta con l’Ue post Brexit: questo piano, che prevede di realizzare una zona di libero scambio e un nuovo modello doganale con i 27 entro per mantenere un commercio “senza frizioni” con il continente, offre una “base responsabile e credibile” nei negoziati con Bruxelles, ha affermato la leader conservatrice, il cui piano è stato etichettato come Brexit ‘soft’.

“L’illusione di unità è durata solo 48 ore”, ha tuonato il capo dell’opposizione laburista Jeremy Corbyn in Parlamento. “È in gioco il futuro dei posti di lavoro e degli investimenti”, ha avvertito, chiedendo al governo di agire o “lasciare spazio”. Si rincorrevano da mesi i rumors sul possibile addio di Davis, 69 anni, visibilmente scontento della piega che prendevano i negoziati seppur in pubblico sempre leale a May. Boris Johnson invece, 54 anni, non aveva mancato di criticare apertamente la prima ministra. Downing Street ha fatto sapere che provvederà quanto prima ad annunciare un sostituto alla guida degli Esteri. Quanto al ministero per la Brexit, a prendere il posto di Davis come rappresentante di Londra nei negoziati con Bruxelles sarà Dominic Raab, 44 anni. E’ un deputato euroscettico con un passato da ministro per la Casa, nonché cintura nera di karate.

Decisioni a sorpresa in Inghilterra

Da Bruxelles, intanto, la Commissione Ue ha fatto sapere che le dimissioni di Davis non sono un problema: “Continueremo a negoziare”. Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, dal canto suo, ha lasciato intendere la speranza che possa esserci un dietrofont: “I politici vanno e vengono ma i problemi che hanno creato per le persone restano. Posso solo rammaricarmi che l’idea della Brexit non sia andata via con Davis e Johnson. Ma…chi lo sa?”, ha scritto su Twitter.

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