Troppe denunce, medici in fuga

CASERTA – Sull’esodo dei medici dal settore pubblico pesano anche le denunce penali e le cause civili subite dalla categoria. Lo fa notare il vicesegretario regionale vicario del sindacato medico Anaao Assomed Maurizio Cappiello. “In tutta Italia – nota il rappresentante di categoria – negli ultimi 3 anni 10mila medici hanno abbandonato il settore pubblico per passare al privato. Fra i motivi ci sono le aggressioni e il superlavoro, ma in parte questo esodo è dovuto alla gran quantità di contenzioso medico legale: in base a un sondaggio dell’Anaao, il 25-30% di questi medici, quindi circa 2500, hanno scelto il privato per questo motivo. Il problema riguarda in particolare i reparti legati all’emergenza come il pronto soccorso, ma anche chirurgia e ortopedia”. In Campania la situazione è ancora più critica in quanto “i contesti sociali sono più disagiati e il contenzioso medico legale è di 4-5 punti percentuali più alto”. Circa 1300-1400 medici hanno abbandonato il “pubblico” negli ultimi 3-4 anni e si può stimare che oltre 400 lo abbiano fatto per motivi legati ai contenziosi.

La legge Gelli

La legge Gelli del 2017 ha stabilito che “la struttura sanitaria che si avvalga di operatori, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti, risponde sempre contrattualmente… della loro condotta dolosa e colposa” e ha limitato l’importo dei risarcimenti. Tuttavia, nota Cappiello, “quando inizia una vertenza scatta un meccanismo per cui il professionista deve nominare un avvocato e anticipare le spese”. E anche in caso di vittoria del medico, “a volte diventa difficile recuperare le somme anticipate, perché spesso a denunciare sono persone non agiate”.

Le responsabilità penali

L’Italia, insieme alla Polonia, è l’unico Paese europeo dove la responsabilità degli operatori sanitari è di tipo penale, oltre che civile, per cui spesso i medici devono difendersi su due fronti. “Ci stiamo battendo per depenalizzare l’atto medico – nota il dirigente Anaao – nessuno si sveglia la mattina con l’intenzione di fare del male al proprio paziente”. Per Cappiello la causa principale dell’aumento del contenzioso non è difficile da individuare: “Ci sono avvocati specializzati in questo genere di procedura e che alimentano un mercato. Basta farsi un giro alle fermate dei bus o alle stazioni della Metropolitana per vedere cartelloni che pubblicizzano assistenza legale per eventuali danni sanitari subiti. L’Ordine degli avvocati è intervenuto per limitare questo genere di pubblicità, ma non c’è riuscito. Inoltre, più cause ci sono contro i medici, più scatta un meccanismo di emulazione”.

Le eccezioni

E nonostante le previsioni delle legge Gelli, non tutte le aziende sanitarie e ospedaliere sono pronte a rifondere i danni contestati ai loro dipendenti: “In alcuni casi il medico deve comunque pagare e poi attendere che l’azienda lo rimborsi”. In base all’indagine ‘Medici in difesa, prima ricerca del fenomeno in Italia: numeri e conseguenze’, commissionata dall’Ordine dei medici della Provincia di Roma e condotta su 800 camici bianchi attraverso dei questionari, l’87,6% dei camici bianchi ritiene che il rischio di ricevere un esposto o una denuncia da parte dei pazienti sia oggi più elevato. A sentire il ‘fiato sul collo’ è il 93,8% di chi lavora negli ospedali pubblici. E tra i più stressati dai pazienti-carnefici sono gli anestesisti (96,8%), i chirurghi (98,9%) e il totale di ortopedici e ginecologi.

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