Ucraina: 36 anni fa il disastro alla centrale nucleare di Chernobyl

Il 26 aprile del 1986 alle ore 1:23:45 nella centrale nucleare di Chernobyl, nel nord dell'Ucraina, esplodeva il reattore numero 4

Foto La Presse

TORINO – Il 26 aprile del 1986 alle ore 1:23:45 nella centrale nucleare di Chernobyl, nel nord dell’Ucraina, esplodeva il reattore numero 4. È stato il più grave incidente nucleare civile della storia. Una nuvola radioattiva contaminò vaste aree attorno alla zona dell’esplosione, per arrivare anche in Europa orientale. È stato il primo incidente nucleare a essere classificato come livello 7, il massimo della scala Ines degli incidenti nucleari. Secondo le stime dell’Onu i morti sono stati 4000, 65 decessi certi, gli altri vittime di tumori e leucemie ’collegabili’, ma ambientalisti ed esperti parlano di centinaia di migliaia di malati e decine di migliaia di morti. Proprio nel giorno del 36esimo anniversario il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Mariano Grossi, guiderà una missione, dopo l’occupazione della centrale da parte delle forze russe per cinque settimane, prima del loro ritiro il 31 marzo.

L’impatto ambientale del disastro del 1986 è stato devastante e il livello di contaminazione ha superato di 200 volte quello provocato dalle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Ci sono voluti ben 15 giorni per spegnere definitivamente l’incendio, per ricoprire il reattore distrutto è stato avviato un progetto di contenimento del costo di un miliardo di dollari. La centrale nucleare di Chernobyl non si trova nella città omonima, che dista circa 15 chilometri, bensì a Pripyat, che è stata la città maggiormente colpita. Ad aggravare il disastro è stata anche la poca consapevolezza con la quale si affrontò la situazione: il personale della centrale si aggirò per l’impianto contaminato senza prendere precauzioni e ai cittadini dell’area circostante venne detto che la radioattività era bassa e non preoccupante. A causa del vento, però, le radiazioni arrivarono fino in Svezia e la centrale nucleare locale diede l’allarme, rivelando la reale portata del disastro e portando le autorità sovietiche ad ammettere e dichiarare lo stato di emergenza.

Nei primi giorni dell’invasione russa, migliaia di carri armati e soldati sono entrati nell’area di Chernobyl, smuovendo terreno altamente contaminato e obbligando il personale che lavorava ancora nella centrale a turni massacranti. Alcuni soldati hanno persino rubato materiali altamente radioattivi come souvenir o forse per venderli. Anche ora, settimane dopo la partenza dei russi, “ho bisogno di calmarmi”, ha detto all’Associated Press l’ingegnere responsabile della sicurezza dell’impianto, Valerii Semenov. Ha lavorato 35 giorni di fila, dormendo solo tre ore a notte. “Temevo che avrebbero installato qualcosa e danneggiato il sistema”, ha raccontato Semenov a proposito di quella che ha definito la peggiore situazione che ha visto nei suoi 30 anni a Chernobyl, con l’impianto privo di elettricità, facendo affidamento su generatori diesel per supportare il raffreddamento delle barre.

L’intera portata delle attività della Russia nella zona di esclusione di Chernobyl è ancora sconosciuta, soprattutto perché le truppe hanno sparso mine che l’esercito ucraino sta ancora cercando. Alcune sono esplose, smuovendo ulteriormente il suolo radioattivo. In tempi normali, circa 6.000 persone lavorano nella zona, di cui circa la metà presso la centrale nucleare. Quando i russi sono arrivati, alla maggior parte dei lavoratori è stato detto di evacuare immediatamente.

I russi se ne sono andati il 31 marzo, e ora sono circa 100 le persone rimaste alla centrale nucleare. La missione dell’Aiea aiuterà a prevenire il pericolo di un incidente nucleare durante il conflitto e condurrà valutazioni radiologiche nel sito.

(LaPresse)

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