Voto di scambio alle Regionali 2015: i rapporti tra i candidati e il clan Belforte

Intimidazioni e minacce per i voti

CASERTA Terremoto giudiziario nel mondo della politica: arrestati i candidati alle elezioni regionali del 2015 Pasquale Corvino e Pasquale Carbone, ex sindaco di San Marcellino, indagata Lucrezia Cicia (CLICCA QUI).

La ricostruzione della Dda: i rapporti tra politici e il clan Belforte
Pasquale Carbone

Questa la ricostruzione della Direzione Distrettuale Antimafia in merito al reato di scambio elettorale politico-mafioso. Pasquale Corvino e Pasquale Carbone, entrambi candidati con il “Nuovo Centro Destra-Campania Libera” durante le elezioni regionali 2015, sono stati ristretti agli arresti domiciliari poiché indagati per aver chiesto agli esponenti del clan Belforte di procurare loro i voti di soggetti legati all’associazione camorristica, in cambio dell’erogazione di somme di denaro e di altre utilità.

In particolare, Corvino avrebbe chiesto l’appoggio elettorale nel territorio di Caserta, promettendo ad Agostino Capone e Vincenzo Rea la somma di 3mila euro ciascuno, buoni spesa e buoni carburante, oltre a un ‘regalo’ per Giovanni Capone.

Anche il candidato Pasquale Carbone, attraverso un intermediario, si era rivolto ad Antonio Merola, affiliato al clan Belforte, fazione di Capone, per ottenere i voti del clan e, come corrispettivo, aveva versato la somma di 7mila euro in cambio di 100 voti nel Comune di Caserta. Al termine delle elezioni, Carbone otteneva nel capoluogo meno voti di quelli promessi, 87 anziché 100, motivo per il quale chiedeva la parziale restituzione della somma versata per il procacciamento dei voti.

Le intercettazioni: minacce per i voti

Nell’ambito del procacciamento dei voti, di particolare interesse risultano le conversazioni intercettate tra gli indagati, nelle quali Agostino Capone minacciava delle persone al fine di assicurarsi i voti: “Se non escono i voti devi vedere! Ti togliamo la macchina da sotto!”. A dimostrazione della forza intimidatrice utilizzata per ottenere i voti per Pasquale Corvino. Ulteriormente rilevanti sono le esternazioni sulle modalità con le quali sarebbe stato controllato il rispetto dei patti, cioè che i voti promessi a Corvino sarebbero effettivamente stati dati dagli elettori che avevano ricevuto i buoni spesa o carburante: “Li vado a prendere… li porto a votare fino a dentro! Con il telefono in mano faccio la foto, devo vedere sul telefono sennò non hanno niente!”.

Le intimidazioni al presidente di seggio

A conferma della spregiudicatezza degli indagati, è stato accertato come Agostino Capone in persona si fosse occupato di accompagnare con la sua autovettura alcune persone anziane al seggio, facendole entrare nella cabina elettorale insieme alla moglie, per controllare se avessero votato bene. Lo stesso Capone, in una conversazione ambientale, raccontava alla moglie di aver controllato le schede prima di farle imbucare e di aver corretto con la matita il nome del candidato in Corvino, arrivando persino ad intimidire il presidente di seggio: “Non mi ha detto proprio niente perché io lo stavo menando a quello là dentro!”.

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