Spread supera quota 300 dopo il giudizio di Moody’s e venerdì toccherà a S&P

Milano – Non è un terremoto quello che ha fatto seguito, dal punto di vista dello spread, al declassamento annunciato venerdì sera a mercati chiusi da Moody’s per quanto riguarda l’Italia, il cui rating è sceso a “Baa3”.

Un gradino sopra a quel livello “spazzatura” che andrebbe a complicare e non di poco le cose dal punto di vista delle possibilità di intervento della Bce in caso di emergenza.

La giornata, per il differenziale tra Btp e Bund, si è anzi aperta nel segno del raffreddamento a quota 286 punti base, con gli investitori che inizialmente sembrano aver apprezzato soprattutto il fatto che l’outlook sia stato indicato come stabile, segno che la discesa sotto la quota di sicurezza, da questo punto di vista, non dovrebbe essere imminente.

La situazione ha iniziato a complicarsi già a metà mattinata

Un progressivo avvicinamento a quota 300 ha portato infine a una chiusura sopra i 302 punti base, con il rendimento del decennale italiano al 3,46% sul mercato secondario.

Ci si prepara ad affrontare l’ennesima settimana calda

Due in particolare le date da segnare in rosso sul calendario, dal punto di vista dello spread. Giovedì a Francoforte si riunirà il consiglio direttivo della Bce, la cui seduta sarà seguita dalla consueta conferenza stampa del presidente Mario Draghi. Potrebbe essere l’occasione per un annuncio relativo alla politica di reinvestimento della banca centrale dopo la fine del programma di acquisto titoli – il cosiddetto “quantitative easing” – che dovrebbe concludersi a fine anno. Fino a questo momento il tema non è ancora stato posto sul tavolo, ma con la scadenza di fine Qe che si avvicina, non è escluso che Draghi decida di dare qualche dettaglio in più riguardo a come verranno reinvestiti i profitti ottenuti dai titoli acquistati per garantire l’afflusso di liquidità.

L’annuncio più atteso, resta comunque quello che dovrebbe arrivare venerdì, quando anche S&P aggiornerà il suo giudizio sull’Italia, a partire dall’attuale “BBB” con outlook stabile.

A lanciare un monito è stato oggi il Centro Studi Confindustria, presentando la sua ‘Congiuntura flash’ di ottobre, nella quale viene tra l’altro definito “molto difficile” il raggiungimento di una crescita programmatica del Pil all’1,5% nel 2019, come indicato invece dall’esecutivo nella Nota di aggiornamento al Def.

Un’accresciuta sfiducia da parte degli investitori finanziari internazionali, legandosi anche al giudizio negativo delle agenzie di rating, determinerebbe il proseguire dell’aumento dei rendimenti sovrani già in corso“, spiega il Csc, chiarendo che questo andrebbe a pesare sui conti pubblici e farebbe crescere significativamente il costo del credito, frenando consumi e investimenti.

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