MILANO – Gli Stati Uniti di Donald Trump intimano a vari alleati europei, tra cui Regno Unito, Francia e Germania, di “riprendersi oltre 800 combattenti dell’Isis catturati in Siria e di processarli”, mentre “il califfato sta per cadere”.
Il presidente americano usa twitter per lanciare l’esortazione
Le forze curde, sostenute dagli Stati Uniti continuano l’assalto all’ultima sacca di territorio che ancora è nelle mani del gruppo jihadista. Attualmente i combattenti estremisti stranieri, i ‘foreign fighters’, sono nelle mani delle forze curde.
Venerdì Trump aveva detto che la disfatta totale dell’Isis sarebbe stata annunciata “entro le prossime 24 ore”, passate poi senza proclami della Casa Bianca.
“Gli Usa non vogliono guardare questi combattenti dell’Isis entrare in Europa, dove si prevede che andranno. Facciamo molto, e spendiamo molto, è tempo che altri si facciano avanti e facciano il lavoro che sono in grado di fare“, ha scritto il magnate, aggiungendo: “L’alternativa non è buona, se gli Usa fossero costretti a rilasciarli“.
La richiesta arriva mentre gruppetti residui di combattenti estremisti difendono ostinatamente l’ultimo bastione, impedendo ai civili di fuggire. Le Forze democratiche siriane (Fds) avevano previsto di annunciare la vittoria “nei prossimi giorni”, ma nell’area di Baghouz la resistenza dell’Isis è feroce.
Un portavoce delle Fds ha spiegato che circa 2mila civili potrebbero essere in ostaggio degli jihadisti, nelle “poche centinaia di metri” che i combattenti rifiutano di lasciare. “I civili – ha aggiunto il colonnello Sean Ryan, portavoce della coalizione – sono usati come scudi umani“.
Il problema dei combattenti stranieri è complesso
L’amministrazione semiautonoma curda chiede regolarmente ai loro Paesi d’origine di rimpatriarli. E quando l’annuncio della vittoria sull’Isis arriverà, potrà arrivare anche il via al ritiro dei circa 2mila militari americani in Siria, promesso da Trump. Questo mentre l’esercito americano avverte che, se mancherà un impegno antiterroristico sostenuto, in circa 12 mesi il gruppo potrà “risorgere” e “riprendere territori”.
Nel frattempo, di ‘rientrati’ si parla nel Regno Unito a proposito della giovane Shamima Begum: partita 15enne nel 2015 per unirsi all’Isis, non ha rinnegato la sua decisione ma ora vuole tornare nel Paese d’origine per crescere il figlio. Che, secondo l’avvocato della famiglia, è appena nato in un campo profughi in Siria. Per il suo legale, è dovere di Londra riaccoglierla e occuparsi di lei e del piccolo.
Ma molti politici britannici non la pensano così
Tra loro il ministro dell’Interno, Sajid Javid, che ha detto “non esiterà” a impedire il ritorno dei britannici che si sono uniti agli jihadisti. Chi è partito, ha detto, “è pieno di odio per il nostro Paese”.
Il messaggio è chiaro
“Se hai sostenuto organizzazioni terroristiche all’estero, non esiterò a impedirti di tornare. E se riuscirai a rientrare, preparati a essere interrogato, indagato e potenzialmente incriminato“.