Cop25, accordi nulli: flop sul carbonio

Scontro sull’articolo 6, nessuna intesa sui negoziati tra i 200 Paesi riuniti a Madrid

NAPOLI – Dopo due settimane di difficili negoziati si è conclusa con un nulla di fatto la Cop25, la conferenza mondiale sul clima che si è svolta a Madrid. L’accordo raggiunto ieri, al secondo giorno di estensione dei lavori che si sarebbero dovuti concludere venerdì, non è per nulla soddisfacente, tanto da poter parlare di un vero e proprio ‘flop’ del summit. Il punto cruciale sul quale la comunità internazionale era chiamata a lavorare era quello relativo al mercato internazionale del carbonio, regolato dall’articolo 6 degli accordi di Parigi, sul quale era richiesto un intervento per regolarne le norme. I circa 200 Paesi firmatari degli accordi parigini tuttavia non sono riusciti a trovare un compromesso per passare all’azione: per quanto si sia sottolineato il “bisogno urgente” di agire contro il riscaldamento climatico, i leader della nazioni riunite hanno risposto picche agli appelli pressanti dei militanti ecologisti. Tra i Paesi che hanno maggiormente ostacolato i lavori ci sono il Brasile e l’Australia, ‘rei’ di voler gestire in termini di assorbimento di CO2 il loro immenso patrimonio forestale in piena autonomia.

“Sono stato presente ai negoziati sul clima sin dalla loro istituzione nel 1991, ma non ho mai visto come qui a Madrid un totale scollamento tra le richieste degli scienziati e delle persone di tutto il mondo e quello che i negoziatori stanno cercando di ottenere”, ha commentato con rabbia Alden Meyer, attivista della Union of Concerned Scientists.

“I Paesi più inquinanti, cioè Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Giappone, Brasile, Arabia Saudita e altri che si sono sottratti alla loro responsabilità di ridurre le emissioni di gas serra, bloccando progressi significativi a Madrid”. Così il Wwf in una nota. “Nonostante le accese richieste di azione immediata per il clima da parte dei Paesi vulnerabili, della società civile e di milioni di giovani di tutto il mondo, i grandi responsabili delle emissioni di CO2 hanno ostacolato gli sforzi per accelerare la marcia e mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C”. Dito puntato quindi contro i Paesi ‘guastafeste’, privi, secondo l’associazione ambientalista, di “volontà politica necessaria a rispondere alle indicazioni della comunità scientifica. I governi regressivi continuano ad anteporre i propri interessi alla crisi planetaria e al futuro delle generazioni future. A eccezione dell’Unione Europea, i colloqui hanno mostrato una totale mancanza di volontà di accelerare le azioni da parte dei maggiori emettitori di anidride carbonica e altri gas serra. Sono state rinviate le decisioni sul mercato del carbonio a causa del costante tentativo di alcuni Paesi di inquinarlo con l’aria fritta proveniente dai crediti sui progetti, molti del quali discutibili o non addizionali, attuati nel protocollo di Kyoto”.

Malumori sono giunti anche dalle associazioni italiane in difesa del Pianeta. “A Madrid non c’è stata alcuna risposta concreta dei governi alla grande mobilitazione dei cittadini per fronteggiare l’emergenza climatica. I prossimi anni saranno cruciali. L’Europa può e deve ridurre le sue emissioni di almeno il 65% entro il 2030”, ha commentato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini.

Tutto rimandato al 2020, quindi, l’ultimo anno a disposizione per mettere in pratica gli accordi di Parigi.

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