Calcio, Gravina: “Chiamerò Chiellini a lavorare con me in Figc”

L'addio di Giorgio Chiellini alla Nazionale arriverà il 1° giugno, "e appena sarà finita la partita contro l’Argentina gli chiederò di venire a lavorare con me.

Foto Marco Alpozzi - LaPresse

MILANO – L’addio di Giorgio Chiellini alla Nazionale arriverà il 1° giugno, “e appena sarà finita la partita contro l’Argentina gli chiederò di venire a lavorare con me. Perché Giorgio è destinato a diventare uno dei dirigenti più illuminati del calcio italiano: è serio, preparato, conosce nei dettagli dinamiche umane ed economiche. Chi lo prende a lavorare con sè, realizza un grande affare e infatti lo prenderei subito”. A dirlo, in una lunga intervista a Tuttosport, è il presidente della Figc, Gabriele Gravina, che non pensa però che la sua omologa al femminile possa essere Sara Gama, capitano di Juventus e Nazionale come lui?: “Mi pare che lei – spiega – abbia un percorso di crescita da completare: si sente giustamente ancora calciatrice. Deve ancora farci sognare con la maglia azzurra”.

Nella Serie A italiana, spiega poi Gravina, “manca la visione di sistema che hanno in Premier e, anche, in Bundesliga. Per limitarci al campionato inglese, per esempio, basti ricordare che la Premier elargisce molti soldi di mutualità alle Leghe minori, ma lo fa affinché ‘lavorino per lei’ attraverso la formazione dei giovani. Senza dimenticare che i club di Premier sono soggetti a molti vincoli e controlli sul rispetto delle norme e dei tetti di spesa: non è un luogo selvaggio dove si guarda solo al profitto, soprattutto a quello immediato legato al risultato sportivo. Da noi, invece, mancano drammaticamente gli investimenti sugli unici due asset fondamentali che rappresentano i veri patrimoni delle società di calcio: giovani e infrastrutture”. “A me – prosegue – piace parlare di sviluppo sostenibile perché è un concetto più ampio e più organico. Per un calcio più competitivo dobbiamo avere un calcio professionistico con i conti maggiormente in equilibrio e oggi non lo sono. Il profilo economico-finanziario del calcio professionistico ha subito un significativo peggioramento: la perdita aggregata è passata dagli 878 milioni del 2019-2020, fino agli oltre 1,3 miliardi di ‘rosso’ prodotto nel 2020- 2021. Ciò nonostante è stato registrato un continuo incremento del costo del lavoro e degli ammortamenti/svalutazioni. L’incidenza del costo del lavoro sul valore della produzione nella sola Serie A (al netto delle plusvalenze) è salita dal 67,2% del 2018-2019 al 75,1% del 20-21, mentre gli ammortamenti/svalutazioni sono saliti del 25,1%. E non si fanno ammortamenti per costruire stadi, ma su beni immateriali”.

“Il dialogo con la Serie A – sottolinea – esiste, ci mancherebbe, ma non è ammissibile che una sola Lega, la A o un’altra, possa bloccare l’avvio di un processo vitale di rinnovamento. E’ da trent’anni che siamo fermi a queste discussioni, che ci siamo chiusi in un mondo autoreferenziale con un uno sviluppo molecolare e non armonico nel quale prevalgono i piccoli interessi di corta visione. Se vogliono rimanere in questa situazione, sappiano che presto ci sarà da soffrire parecchio, perché il sistema non è più sostenibile”. Sene esce solo “con le riforme. Se a certi presidenti questa situazione sta bene e fa pure gioco, il mio ruolo mi impone di agire. Io non pensavo che il calcio italiano fosse guarito con la vittoria all’Europeo, che pure mi ha reso enormemente felice; così come penso che sia finito con il fallimento alle qualificazioni mondiali, che certo mi addolora, e per questo ho sottoscritto con Mancini un contratto di sei anni: per impostare un progetto. Ciò che invece mi preoccupa molto, nel mio ruolo, è la sostenibilità del sistema di cui devo essere garante. E per portare a termine la riforma più importante c’è solo un modo: abolire il diritto di veto. Non è ammissibile che una sola Lega possa bloccare tutto: se non ci sarà un accordo, convocherò un’assemblea straordinaria per togliere il diritto di veto”.

LaPresse

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