Insulti ai politici, Saviano torna in tribunale. Definì Salvini “ministro della mala vita”

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Roberto Saviano

NAPOLI – Nuovo processo per diffamazione per Roberto Saviano. Dopo la condanna in primo grado per aver definito l’attuale presidente del Consiglio di Ministri Giorgia Meloni “bastarda”, stavolta in tribunale a Roma si dibatte del testo in cui lo scrittore ha definito Matteo Salvini “ministro della mala vita”. Alle 13:15 in aula si è presentato lo stesso leader della Lega per essere ascoltato in qualità di parte lesa, accompagnato dal suo avvocato Mattia Celva. Salvini ha parlato di quando, a 20 giorni dal suo insediamento al Ministero dell’Interno, gli è
stata segnalata la frase diffusa da Saviano attraverso i suoi canali. Ha spiegato che il riferimento alla “mala vita”, da parte di uno scrittore divenuto famoso per un romanzo sulla criminalità organizzata, lo ha letto come un “esplicito riferimento” a una contiguità alla mafia.

Questo il motivo per il quale ha deciso di denunciare: “Non è critica quella di Saviano, era esplicita l’allusione a una contiguità alla ’ndrangheta che mi fa inorridire. Intendo come gravemente lesivo della mia onorabilità quanto ha detto Saviano, visto fra l’altro che sono sotto scorta. Ci sono carabinieri che dedicano la loro notte a fare da scorta a Saviano ma non ritengo sia spendibile come argomento. Le scorte sono oggetto di valutazione tecnica e non politica, a mio avviso”. E poi ancora: “È stata lesa la mia onorabilità quale cittadino, segretario della Lega e ministro. Assumemmo varie iniziative per il contrasto alle mafia fra cui la confisca di sette miliardi e mezzo di beni alla criminalità. Tutto in contrasto con le frasi di Saviano”. A margine dell’udienza il politico ha teso la mano allo scrittore. “Ho stretto la mano a Saviano in aula – ha continuato Salvini – e lui mi ha detto vergognati. E’ un maleducato, ma non è certo un reato”.

Non è certamente la prima esperienza nelle aule di giustizia per lo scrittore campano. Nel 2015 la Corte di Cassazione lo ha condannato in via definitiva per aver copiato articoli di Cronache nel suo romanzo d’esordio, Gomorra. Una parte di quel giudizio è ancora in corso, sempre davanti alla Corte di Cassazione, per la determinazione del risarcimento che lui e la Arnoldo Mondadori Editore della famiglia Berlusconi, editrice di “Gomorra”, dovranno versare.

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