Afghanistan, il modello della Turchia sui migranti delude Sassoli, che la pensa diversamente

Per quanto la Commissioni Ue rinneghi il paragone, il modello Turchia è ormai entrato come riferimento della questione migranti legata alla crisi afghana

David Sassoli (Kenzo Tribouillard, Pool via AP)

BRUXELLES – Per quanto la Commissioni Ue rinneghi il paragone, il modello Turchia è ormai entrato come riferimento della questione migranti legata alla crisi afghana. Le conclusioni del Consiglio straordinario dei ministri dell’Interno Ue sono state chiare: aiutare gli afghani ma nel loro paese e nei paesi limitrofi dove si rifugeranno. Perché in fondo, sostiene la commissaria agli affari interni, Ylva Johansson, sono paesi sicuri dove possono chiedere asilo, e non serve che vengano in Europa. “Siamo molto contenti della decisione presa dal Consiglio, diversamente da Sassoli”, è stata la reazione di un portavoce della Commissione Ue.

Proprio il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ha colto invece l’occasione dell’appuntamento con il Bled Strategic Forum, per sferrare un duro attacco a quanto stabilito dai ministri dell’interno Ue. “Siamo rimasti molto delusi dalle conclusioni del Consiglio Affari interni di ieri – ha detto -. Abbiamo visto Paesi fuori dall’Unione europea farsi avanti per offrire accoglienza ai richiedenti asilo afghani, ma non abbiamo visto un solo Paese membro fare altrettanto”. Sassoli ha poi cercato di toccare le coscienze parlando degli afghani che hanno collaborato con l’Ue e che ora sembrano dimenticati. “Tutti hanno giustamente pensato ai propri collaboratori e alle loro famiglie – ha evidenziato – ma nessuno ha avuto il coraggio di offrire rifugio a coloro che sono ancora oggi in pericolo di vita. Non possiamo fare finta che la questione afghana non ci riguardi, perché abbiamo partecipato a quella missione condividendone gli obiettivi e le finalità”.

Il modello Turchia evocato in queste ore, nato dopo la crisi siriana del 2015, è stato recentemente riconfermato dall’Ue con uno stanziamento di ulteriori tre miliardi fino al 2024 da parte della Commissione per supportare i 3,8 milioni di rifugiati presenti nel paese governato da Erdogan. Arrivando a una dotazione di oltre 6 miliardi di euro. E’ la stessa strategia che era emersa dal Consiglio europeo del 25 giugno: favorire i partenariati e la cooperazione reciprocamente vantaggiosi con i Paesi di origine e di transito, come parte integrante dell’azione esterna dell’Unione europea. Insomma: dare tanti soldi per l’accoglienza purché avvenga lontano dal suolo europeo. Ma sull’entità dei numeri che verranno stanziati ancora non si sa nulla, fanno sapere dalla Commissione, anche se come riferimento può essere presa la decisione di destinare il 10% dello strumento per la cooperazione esterna Ndici, circa 8 miliardi di euro, per supportare i paesi partner nella migrazione, come aveva richiesto il Consiglio europeo.

La Commissaria Johansson, dopo il Consiglio di martedì, aveva respinto il paragone con la Turchia ma il concetto è simile. “Bisogna vedere quale aiuto è più pertinente in base alla situazione. Potrebbero essere aiuti diretti agli afghani o programmi di reinsediamento per i gruppi più vulnerabili. Sicuramente non è una buona idea fare un copia e incolla dell’accordo Ue-Turchia”, aveva detto.

A Bruxelles sono già iniziati i preparativi sul nuovo Forum sul reinsediamento promesso dal Consiglio Ue e da Johansson. In quello di luglio l’Ue si era impegnata a stanziare 300 milioni di euro per il reinsediamento di 30mila profughi, fino a fine 2022. Resta il fatto che i reinsendiamenti non risolvono il problema. Prima di tutto “perché sono è un impegno volontario degli Stati membri e quindi alla fine siamo nelle loro mani”, ricorda una fonte della Commissione. In secondo luogo, si tratta di una protezione secondaria, per chi ha già ottenuto l’asilo e viene accolto in un altro Stato. In ogni caso, non ci si aspetterà grandi numeri, anche se nello scorso Forum Johansson aveva fatto citato le stime dell’Unchr, l’agenzia Onu per i rifugiati, secondo cui l’85% dei rifugiati si trova accolto in Paesi a basso e medio reddito.

(LaPresse)

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