Alternanza scuola-lavoro, sfruttamento a costo zero

Rina Valeria De Lorenzo

I dati pubblicati dall’Osservatorio nazionale sull’adolescenza offrono un quadro estremamente allarmante dell’universo giovanile: 7 minorenni su 100 fanno parte di baby gang, il 16% ha commesso atti vandalici alimentando le catene della criminalità e persino del bullismo. Quanto ha influito il deficit di educazione e formazione che la scuola pubblica obbligatoria per tutti ha il dovere costituzionale di colmare è ancora presto per dirlo, ma i dati preoccupanti sulla dispersione scolastica nell’anno 2020/21 indicano un peggioramento rispetto all’anno precedente (9,5% contro l’8,6%). L’indagine svolta dall’Osservatorio lascia trapelare una frattura nel patto educativo e di corresponsabilità tra la scuola e la famiglia: dalla relazione emerge che alcuni di questi giovani presentano “deficit cognitivi non riconosciuti o riconosciuti tardivamente” e che più in generale “sono ragazzi con deficit educativi o gravi problemi in famiglia”. Un fenomeno trasversale che attraversa tutte le classi sociali e aggrega intorno alla violenza e all’aggressività ricchi e poveri, privati anche a causa della pandemia di uno spazio di comunità dove si impara a vivere insieme, nel rispetto delle regole e del prossimo. E’ allora il caso di domandarsi quanto sia importante affrontare il tema della scuola la cui centralità non può limitarsi ad un manifesto programmatico o ad una girandola di riforme se vogliamo che esso continui a svolgere la sua funzione di formare persone mature. La scuola va rifondata partendo dai valori costituzionali che l’hanno informata ritornando, come peraltro sta accadendo in America, alle conoscenze che rappresentano i pilastri dei saperi, umanistico, tecnologico, scientifico. La crescita culturale e relazionale avviene attraverso l’acquisizione dei contenuti, non delle competenze pratiche che sono proprie del mondo del lavoro. Quel lavoro che è entrato nei percorsi scolastici attraverso l’alternanza scuola-lavoro che non forma né avvia al mondo del lavoro, rivelandosi l’ennesimo ingranaggio di sfruttamento a costo zero. Lo scriveva persino il filosofo Nietzsche cogliendo il nesso fra l’educazione scolastica e l’utilizzo della forza lavoro da parte della società: “bisogna allevare utili impiegati, assicurarsi la loro incondizionata arrendevolezza”. Introdotta dalla legge n. 107 del 2015, nata con l’intento azzardato di aiutare gli alunni a consolidare le conoscenze acquisite a scuola attraverso un’esperienza pratica che avrebbe dovuto consentire di orientare il percorso di studio e di futuro lavoro degli alunni, si è rivelata in concreto uno strumento inadeguato per l’arricchimento della formazione scolastica e per l’orientamento alle future scelte lavorative degli studenti. L’alternanza scuola-lavoro erode concretamente ed effettivamente in maniera sostanziale il diritto allo studio ed è inoltre una modalità didattica che ha il grave difetto di non predisporre adeguate e congrue misure di prevenzione per tutelare l’incolumità fisico-psichica degli studenti durante lo svolgimento di tali attività lavorative. La morte del giovane Lorenzo Parelli, schiacciato da una putrella nell’ultimo giorno di stage in un’azienda di carpenteria metallica in provincia di Udine, non è un evento sciagurato ed ineluttabile segnato da Fato. Per ricordarlo sono scesi nelle piazze italiane gli studenti che, dopo aver vissuto la “scuola affettuosa” professata dal Ministro Bianchi, hanno vissuto l’esperienza vergognosa delle manganellate in relazione alle quali la Ministra Lamorgese riferirà domani (oggi ndr) alla Camera. Eppure quei giovani che protestavano contro l’alternanza scuola-lavoro, le classi-pollaio e la precarizzazione del lavoro devono essere ascoltati, come ha esortato il Presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento, dopo aver vissuto la tragedia della pandemia, l’isolamento e la mancanza di relazioni imposte dall’emergenza sanitaria. L’alternanza scuola-lavoro è molto distante da qualsiasi riferimento al lavoro così come previsto e tutelato a livello costituzionale e sarebbe giusto ed opportuno effettuare una trasformazione da obbligatoria in facoltativa della stessa. In tal modo verrebbe tutelata l’autonomia dei singoli istituti scolastici e dei relativi organi collegiali nel deliberare la propria eventuale adesione ad un programma di alternanza scuola-lavoro per gli studenti, nel rigoroso rispetto delle norme di sicure. Tale alternanza non sarebbe obbligatoria per l’intera categoria degli studenti ma costituirebbe il frutto di una libera e ponderata scelta posta in essere dagli istituti scolastici per il tramite dei presidi e degli organi collegiali di ogni singolo istituto. In tal modo riacquisterebbe dignità il diritto allo studio che tornerebbe ad essere posto al centro dell’intero sistema scolastico. La morte di Lorenzo Parelli ha riproposto in modo tragico il problema dell’alternanza scuola-lavoro oltre le ideologie per comprendere realmente che cosa è diventata dal suo ingresso nel nostro sistema di istruzione e cosa potrebbe essere, tenendo ferma la piena autonomia didattica e culturale della scuola e il suo obiettivo primario di formazione dell’uomo e del cittadino.

Rina Valeria De Lorenzo
Deputata di LeU

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