Brasile, la Corte suprema apre al dibattito sulla depenalizzazione dell’aborto

Nel paese è in corso un dibattito molto acceso

LP / AFP PHOTO / EITAN ABRAMOVICH

BRASILIA (LaPresse/AFP) – La Corte suprema brasiliana ha dato il via alle udienze pubbliche sulla revisione delle rigide leggi sul diritto all’aborto. Mentre nel Paese ogni anno centinaia di migliaia di donne ricorrere a pericolose procedure ‘fai da te’. Più di 50 rappresentanti di settori sanitario, religioso, accademico e della società civile hanno testimoniato davanti al tribunale di Brasilia, in udienze che proseguiranno lunedì.

Psol chiede l’annullamento di due articoli del Codice penale

A presentare l’azione al Supremo tribunale federale è stato l’anno scorso il partito Psol, che chiedeva l’annullamento di due articoli del codice penale del 1940. Il 124, che criminalizza le donne e comporta pene detentive tra uno e tre anni di carcere. E il 126 che criminalizza chi provoca l’aborto, inclusi gli operatori sanitari, comportando pene detentive da uno a quattro anni di carcere.

La situazione in Brasile

Attualmente in Brasile l’Ivg è consentita solo nei casi di stupro, pericolo per la madre o anencefalia fetale. La riforma vorrebbe consentire le interruzioni alle donne sino alla 12esima settimana di gravidanza. Secondo il Psol, l’attuale situazione viola i diritti fondamentali delle donne alla vita, alla libertà, all’integrità fisica e psicologica, alla salute e alla pianificazione familiare.

In molti si oppongono alla depenalizzazione dell’aborto

Le potenti chiese cattoliche ed evangeliche si oppongono alla depenalizzazione, mentre chi appoggia la proposta ricorda che le donne ricorrono comunque all’aborto, con pericoli e costi sanitari pubblici, e che il divieto danneggia le fasce più povere di popolazione, che non hanno accesso a costose procedure illegali sicure e incorrono più spesso nelle sanzioni penali. Tra i medici che hanno testimoniato alla Corte suprema anche Maria de Fatima, del ministero della Salute, che ha ricordato come una donna su cinque in Brasile ha abortito. E che ogni anno 230 donne muoiono e altre 250mila sono ricoverate in ospedale per le complicazioni delle procedure ‘fai da te’.

La decisione di indurre un aborto e interrompere una gravidanza non dipende dalla classe sociale. Quel che dipende dalla classe sociale è la gravità e la morte. Chi più muore per gli aborti in Brasile sono le donne nere, giovani, sole e che non hanno istruzione di base”. Lo ha affermato Marie de Fatima.

Uno scenario politico in movimento

Il dibattito alla Corte suprema sarà seguito da una decisione, ma nessuna data è stata decisa. Intanto, in Brasile a ottobre si terranno le elezioni presidenziali. Tra i candidati ci sono l’esponente di estrema destra Jair Bolsonaro, fortemente contrario al diritto all’aborto, e l’ambientalista Marina Silva, che appartiene a una chiesa evangelica e ha chiesto un referendum sull’argomento. Questa settimana i vescovi cattolici brasiliani hanno ribadito la propria posizione, secondo cui la vita è “senza condizioni” e “dovrebbe essere rispettata e difesa a ogni stadio”.

Un dibattito acceso

In America Latina le leggi sulle interruzioni di gravidanza sono generalmente molto restrittive. Secondo un sondaggio Datafolha del novembre 2017, la maggioranza dei brasiliani è contraria alla depenalizzazione. Ma il dato cala. Dal 64% del dicembre 2016 è passato al 57%, mentre i favorevoli sono saliti dal 23% al 36%.

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