Caivano, hic sunt leones?

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna
Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna

Sono anni che nell’hinterland napoletano si assiste a raccapriccianti episodi di cronaca nera, frutto del degrado sociale, dell’assenza di senso civico e delle condizioni di indigenza che spingono parte di quel contesto umano a delinquere per sopravvivere. Lo Stato, in casi del genere, interviene come può,  sulla spinta dell’indignazione postuma ed ipocrita della cosiddetta “società civile”. Tra le cause del triste fenomeno, quella che incide maggiormente, infatti, è proprio quel modello di società, composta perlopiù da agiati borghesi, impiegati, piccoli imprenditori, commercianti ed artigiani. Sono l’indifferenza, l’egoismo e la pavidità di queste categorie che quasi sempre strepitano e si lamentano per un breve lasso di tempo a cavallo dei fatti deprecati (ma che poi, sostanzialmente, si chiamano fuori dal rimboccarsi le maniche), a richiamare le istituzioni a “compiere il proprio dovere” per scaricarsi la coscienza e ricominciare a vivere come se nulla fosse accaduto.

E’ pur vero che vale l’aforisma di Bertroldt Brecht “beato è quel popolo che non ha bisogno di eroi”. Ma se si accolla agli “altri” il compito di essere efficienti e tempestivi, quando toccherà al singolo cittadino darsi da fare per debellare il male? Fuor di metafora: se quel male è endemico e circoscritto a talune aree urbane, è evidente che saranno quelle stesse comunità a concorrere oggettivamente a creare le condizioni perché questo alligni costantemente attorno a loro!! Non si spiegherebbe diversamente tale stato di cose che colpisce talune zone e non altre che pure soffrono delle identiche carenze e difficoltà. Gli italiani, si sa, sono campioni mondiali nella ricerca del capro espiatorio, delle altrui responsabilità, fatto salvo il principio che ogni ingiustizia li offende se non procura loro alcun tornaconto. Insomma: voltano sì mille volte le spalle alle quotidiane pratiche illegali, salvo però, ritenerle ineludibili e spesso convenienti, quando da queste traggono direttamente vantaggi.

Sono insomma i primi a creare la rete di compiacente omertà verso tutte quelle pratiche redditizie ma fuorilegge che quel contesto territoriale offre loro. L’idea tanto diffusa quanto taciuta è quella che lo Stato sia un nemico che si possa frodare, che il quieto vivere, la sicurezza, debbano riguardare la propria famiglia innanzitutto, più che la comunità in  generale. Questo il brodo di cultura che alimenta i germi che inducono la patologia malavitosa. Nel corso delle tante guerre di camorra che negli anni scorsi hanno insanguinato le strade dei nostri paesi, la vulgata era che i boss, in fondo, s ammazzavano tra loro, liberando posti e spese nelle patrie galere. Un fenomeno che dunque non interessava la collettività né assegnava ad essa responsabilità di sorta, nascendo e prosperando in ambiti separati ed estranei. Clamorosi omicidi avvenuti in pubblico, stazioni permanenti per lo spaccio della droga, perfetta conoscenza degli appartenenti ai Clan come ras e “guaglioni”, non hanno mai dato vita a testimonianze di sorta, oppure fornito aiuto agli inquirenti.

In questi giorni il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha fatto visita al “Parco Verde” di Caivano, grosso Comune alle porte di Napoli un tempo a vocazione agricola, volendo testimoniare la presenza dello Stato, nel luogo in cui, alcune settimane fa, è stato consumato il vergognoso stupro di due ragazzine e dove, un paio di anni fa, una bimba fu barbaramente uccisa, scaraventata giù dal balcone dal suo patrigno. Stiamo parlando di un agglomerato di case popolari simile ad un universo orrendo di pasoliniana memoria, un Bronx americano, una “Banlieue” francese. Un territorio stabilmente “occupato” per poter delinquere!! Ed allora la prima cosa da fare, in casi del genere, sarebbe quella di espropriare la “mala gente” della propria “comfort zone”. Presidiare quel posto massicciamente con le forze dell’ordine (aprire caserme dei carabinieri, della polizia e della guardia di finanza): porre le “divise” innanzi alle centrali dello spaccio, significherebbe, infatti, asfissiare la malavita. Non fu questa, d’altronde, la strategia vincente adottata con i Casalesi che portò all’arresto di numerosi latitanti di quella cosca? Ancora: bisognerebbe eradicare fisicamente da quel contesto abitativo le famiglie notoriamente dedite al malaffare e solo dopo ascoltare le anime candide che invocano dallo Stato ulteriori potenziamenti dei servizi sociali. Cosa buona e giusta, per carità, ma non esaustiva.

Uno Stato deve pur essere in grado di far valere la propria forza che invece mostra spesso, in altri modi e per altre circostanze, verso i cittadini. A questi ultimi, peraltro conterranei di mio nonno e del bisnonno, spetta il dovere civico e morale di partecipare alla vita politica, amministrativa, sociale e culturale del proprio  Comune. Bisogna impegnare i propri talenti per la comunità, fare di tutto per evitare l’apposizione “simbolica” del cartello che i geografi degli antichi romani ponevano sulle carte geografiche dei luoghi inesplorati, incivili ed inospitali: hic sunt leones, qui sono i leoni!!

*già parlamentare
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