Conferenza su clima. L’Onu avverte: così è un suicidio

Si conclude oggi in Polonia a Katowice. Il fronte formato da Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita e Kuwait frena le misure per assicurare il passaggio a un'economia a basso impatto ambientale e ad alta occupazione. Costa: Italia si candida per conferenza 2020

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse in foto il ministro dell'Ambiente Sergio Costa

KATOWICE – A poche ore dalla conclusione della conferenza Onu sul clima che si tiene a Katowice, in Polonia, è muro contro muro. Mentre la comunità scientifica è da tempo compatta nel delineare il rischio di un cambiamento climatico devastante, la coesione internazionale per un accordo a difesa dell’atmosfera trovata a Parigi nel 2015 è stata incrinata dal nuovo equilibrio prodotto dall’elezione di Trump alla Casa Bianca.

Il monito

Le parole utilizzate dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, tornato alla Cop24 di Katowice per sottolineare la drammaticità del momento, rivelano la durezza dello scontro in atto: “La lotta contro il cambiamento climatico è una questione di vita o di morte: non agire sarebbe un suicidio. Eppure i cambiamenti climatici avanzano più velocemente di noi e i problemi politici principali restano ancora irrisolti. Pur riconoscendo la complessità del nostro lavoro, la realtà è che non abbiamo più tempo da perdere.

E’ solo questione di tempo

Nessuno nel mondo della brown economy, l’economia ad alto impatto ambientale, si illude che un sistema produttivo basato sulla crescita dell’insicurezza collettiva e sui milioni di vittime causate dall’inquinamento urbano possa andare avanti molto a lungo. Però ogni anno di ritardo nella riconversione verso l’economia green porta grandi profitti alle industrie ad alto tasso di gas serra. E il cartello dei combustibili fossili ha trovato a Katowice una protezione autorevole.

Costa: Per Italia candidatura Cop26 2020

E il ministro dell’Ambiente italiano, Sergio Costa, ha annunciato l’adesione alla “Coalizione per ambizioni più alte” ribadendo l’impegno del nostro Paese ad abbandonare il carbone entro il 2025: “L’Italia, assieme agli altri Stati membri dell’Unione europea, continua ad essere tra i principali donatori della finanza per il clima, con una particolare attenzione ai Paesi che più sono esposti agli impatti dovuti alle variazioni del clima. Continueremo a sostenere il Fondo per l’adattamento con altri 7 milioni di euro”. E il ministro fa sapere su Twitter: “È ufficiale: l’Italia si candiderà per ospitare la Cop26 nel 2020. Insieme al premier Giuseppe Conte abbiamo deciso di formalizzare la candidatura

Il fronte contrario e la frase incriminata

Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita e Kuwait hanno formato un asse che è uscito allo scoperto nel dibattito. Al cenetro della discussione un documento di tre pagine presentato all’assemblea dei delegati dei 190 Paesi presenti a Katowice. “L’assemblea ha apprezzato il rapporto dell’Ipcc” (quello che mostra come un aumento di temperatura superiore a 1,5-2 gradi possa portare a esisti catastrofici). Ma i tre Paesi pro combustibili fossili lo hanno contestato. Hanno chiesto di sostituire il verbo “ha apprezzato” (welcomed) con “ha preso atto”.

La prese di distanza

Una chiara presa di distanza dal progetto di riconversione produttiva a livello globale che corrisponde agli interessi del principale Paese produttore di petrolio (l’Arabia saudita) e degli Stati Uniti. Washington si sente infatti minacciata dalla crescita della Cina. Il paese asiatico, pur restando il maggior inquinatore globale, guarda in avanti. Scommette sulle fonti rinnovabili (di cui ha conquistato la leadership) e sull’efficienza energetica.

Le motivazioni di Trump

Per Donald Trump la partita sul clima è doppia: sul fronte interno si rivolge a un elettorato che teme le conseguenze dell’innovazione, su quello globale prova a esercitare una pressione analoga a quella che, nella competizione con Pechino sulle tecnologie 5G, ha portato all’arresto della direttrice finanziaria del gigante cinese Huawei.

Americani contro Casa Bianca

E’ per questo che la battaglia sul clima si gioca non solo nelle sale della Cop24 ma anche attraverso i sondaggi che misurano la popolarità delle politiche di difesa del clima. Mentre a Katowice il rapporto del Climate Action Tracker certificava l’insufficienza degli impegni finora assunti dai governi (porterebbe a un riscaldamento di 3 gradi a fine secolo), usciva un sondaggio Reuters – Ipsos che dipingeva un quadro dell’opinione dei cittadini degli Stati Uniti piuttosto diverso da quello fornito dalla Casa Bianca. Il 35% degli adulti statunitensi vede il riscaldamento globale come una minaccia “imminente”. Più della metà pensa che il riscaldamento globale sia causato da “attività umana” o “attività prevalentemente umana”. Due americani su tre (69%) ritengono che Washington debba lavorare con altre nazioni per frenare il cambiamento climatico.

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