Covid, nel Casertano 4mila attività chiuse in un anno

I dati provinciali sono allarmanti. Schiavo: “Altre 50mila imprese a rischio”. Mena Pacchiano: “No ai finti lockdown, la liquidità è un ricordo”. Sara Trocciola: “Wedding fermo, chiediamo una data per programmare. Ristori insufficienti”

Un bilancio amaro quello che i rappresentanti di categoria sono costretti a stilare a 13 mesi di distanza dall’avvio del primo lockdown. Un bilancio che arriva nel giorno delle grandi proteste che, tanto a Roma come nel nostro territorio, hanno costretto gli esercenti a scendere in piazza per far sentire la propria voce al governo. “In Campania sono oltre 20mila le aziende che hanno chiuso da quanto è cominciata la pandemia – sostiene Vincenzo Schiavo, presidente regionale di Confesercenti, che traccia un quadro fosco anche per il futuro – sono almeno 50mila le imprese che sono in difficoltà a tenere aperta la serranda tra debiti, fitti, stipendi e tasse”. Proprio il centro studi di Confesercenti aveva lanciato l’allarme sui numeri delle chiusure. In questi 13 mesi di pandemia sono quasi 4mila le aziende in provincia di Caserta che hanno chiesto la cancellazione dalla Camera di Commercio. “A distanza di un anno possiamo solo dire di non essere ‘danneggiati’ dal Covid ma ‘massacrati’ – sostiene a Cronache Mena Pacchiano, titolare di Emozioni concept store –, noi ci sentiamo presi in giro da questo ‘finto’ lockdown. Le piazze sono piene, i supermercati sono pieni, e lo stesso i marciapiedi fuori dai bar, dai locali e dalle chiese. Perché nessuno controlla e noi dobbiamo restare chiusi malgrado le misure di protezione e contenimento che adottiamo? Non siamo esenti dal pagamento di fitti, tasse e bollette, ma c’è la necessità – conclude Pacchiano – che l’esecutivo ci metta nelle condizioni di poter lavorare, ormai la liquidità è solo un ricordo e andare avanti così è impossibile”. Altra voce preoccupata per la sua categoria è quella di Sara Trocciola presidente dell’associazione Yes a.i.e.m. (associazione imprenditori eventi matrimoni). “Il nostro settore necessita di programmazione e vorremmo evitare di ripetere gli stessi errori dello scorso anno quando hanno autorizzato il 9 giugno con una stagione compromessa. Abbiamo preparato un protocollo che dovrà superare il vaglio di 5 commissioni e speriamo che tutto possa essere approvato in tempi brevi. I costi di gestione – conclude –, per molti di noi, superano di gran lunga i ristori e così, si arriverà alla disperazione”.

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