Decreto Maggio, Conte dopo i sindacati vede le imprese: “L’Italia deve rimboccarsi le maniche”

ROMA – Un intervento “cospicuo”. Il premier Conte ha definito così il decreto di maggio da 55 miliardi, parlando in serata a Cgil, Cisl e Uil. Oggi il confronto con i rappresentanti del mondo imprenditoriale. L’Italia deve rimboccarsi le maniche in vista di una brusca caduta del Pil in seguito all’emergenza coronavirus, anche del 10%, superiore quindi al -8% stimato, ha avvertito il presidente del Consiglio che ha aggiunto: “Per far ripartire davvero il Paese abbiamo bisogno di un ‘patto sociale’ più equo e moderno. 

 Il decreto maggio sta ancora prendendo corpo, ma il tempo diventa pericolosamente poco: le parti sociali chiedono di accelerare mentre le opposizioni soffiano sul fuoco. L’intesa nella maggioranza, però, non è completa e il dossier resta ancora aperto sul tavolo del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Ad oggi le certezze sono il Reddito di emergenza, la proroga di tutti gli ammortizzatori sociali attivati nel Cura Italia e l’aumento a 800 euro dei bonus per lavoratori autonomi, partite Iva e liberi professionisti bloccati ai box dal coronovirus. “Stiamo scrivendo un capitolo importante di questa dura prova, quello legato alle misure economiche. E’ un piano cospicuo. Dobbiamo essere efficaci per sostenere famiglie, lavoratori e imprese”, ribadisce il capo del governo ai tre segretari confederali, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo.

Il presidente del Consiglio non vuole lasciare indietro nessuno


Conte non prova a infiocchettare verità di comodo e parla apertamente ai suoi interlocutori: “Non sarà la panacea di tutte le conseguenze negative che stiamo vivendo, ma stiamo facendo il possibile per limitare i danni”. Spera nella collaborazione delle parti sociali, anche perché “ci aspetta una fase difficile e tutti dobbiamo rimboccarci le maniche”. L’obiettivo di Palazzo Chigi è “non lasciare indietro nessuno”, proprio per questo motivo il premier rasserena i sindacati: “Siamo al lavoro per preservare i livelli occupazionali”.

Sul piano pratico, però, restano i dubbi per quello che finora non ha funzionato. Nelle erogazioni delle casse integrazioni in deroga, ad esempio, si sono troppi ritardi. Ne è consapevole il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che da un lato assicura di stare lavorando a misure da inserire nel dl maggio “per provare a migliorare, rafforzare e semplificare queste procedure”. Ma dall’altro bacchetta le Regioni “in alcuni casi lentissime a presentare le domande all’Inps”.

 Il responsabile del Mef punta molto sulle risorse che verranno dall’Ue: quasi 200 miliardi in totale per l’Italia. Nel calcolo, però, è incluso anche il Mes, che potrebbe cubare 36 miliardi per coprire le spese sanitarie dirette e indirette. Gualtieri conferma che “nessuna decisione è stata presa” dal governo, ma se e quando ce ne fosse bisogno sarebbe il Parlamento a dire l’ultima parola. Per non turbare la maggioranza, però, sarebbe meglio accedere prima ai 20 miliardi dello Sure per finanziare gli ammortizzatori sociali, ai 40 del programma Bei ma soprattutto al recovery fund, che dovrebbe avere una dotazione di altri 100 miliardi circa.

Ma “è necessario che sia già attivo dal 2020”, chiarisce Gualtieri. Anche da questo dipenderà la portata di fuoco del decreto maggio. Nel quale dovrebbe trovare spazio anche la misura che riduce gli orari di lavoro di alcune categorie, a parità di salario, in favore della formazione. L’idea è stata presentata dalla ministra Nunzia Catalfo ai colleghi Ue e prevede la creazione di un fondo per garantire gli stipendi. Il tempo però stringe e dal mondo produttivo arriva un solo appello: ‘fate presto’.

(LaPresse)

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