“Diana si vantava di essere degli Zagaria”: spunta l’accusa del suo ex dipendente

La testimonianza inserita dalla Dda nell’inchiesta sulla presunta tentata estorsione al titolare di un vivaio di Maddaloni

S. CIPRIANO D’AVERSA – “Francesco Diana ha sempre vantato di essere un affiliato al clan dei Casalesi, fazione Zagaria”: parole di A.P., suo ex dipendente, pronunciate nel corso di un interrogatorio con i carabinieri di Casal di Principe. Una testimonianza che i militari dell’Arma della Compagnia di Maddaloni hanno usato nell’indagine sfociata nell’arresto proprio di Diana, 45enne sanciprianese, e di Tommaso Ragnino, 49enne calatino, accusati di tentata estorsione in concorso con l’aggravante del metodo mafioso.

Il soggetto che ha parlato agli investigatori della presunta mafiosità di Diana, per un periodo di tempo aveva lavorato presso la sua azienda agricola, per poi, a seguito dei dissapori, denunciarlo per minacce e lesioni (circostanza che ha innescato un procedimento penale, al momento gestito dalla Procura di Napoli Nord, in cui il sanciprianese risulta inquisito a piede libero).
Tornando a all’interrogatorio reso da A.P., quest’ultimo, rispondendo alle domande dei carabinieri, ha evidenziato le parentele pesanti di Diana: è cognato di Michele Barone, ex braccio destro (ora è collaboratore di giustizia) del capoclan Michele Zagaria Capastorta e fratello di Orlando Diana, già amministratore comunale a San Cipriano d’Aversa e indagato per mafia nell’ambito dell’inchiesta, ancora in corso, condotta dalla Squadra mobile di Caserta, sulle presunte ingerenze del clan nel settore delle cooperative sociali. “Francesco Diana – ha dichiarato il suo ex dipendente – si è sempre presentato come un appartenente al clan Zagaria, pertanto chiunque ha avuto a che fare con lui, lo ha sempre temuto in virtù di tale appartenenza al clan”.

Diana e Ragnino sono accusati di aver minacciato i titolari di un vivaio per costringerli a versare diverse somme di denaro, oscillanti tra i 2mila e i 3mila euro, motivando di volta in volta la richiesta in ragione di presunti debiti pregressi contratti dal figlio della vittima. A invocare il provvedimento cautelare, poi disposto dall’ufficio gip di Napoli, è stato il pm Graziella Arlomede. Nei prossimi giorni i due imputati, difesi dagli avvocati Enzo Domenico Spina, Ferdinando Letizia e Valerio Stravino, affronteranno il Riesame.

La figura di Francesco Diana è anche già emersa nell’indagine condotta dalla Squadra mobile incentrata sulla figura di Oreste Reccia, alias Recchia ‘e lepre, storico esponente della fazione Iavone, ed in concorso, figlio di Enrico, ora al 41 bis, figura di spicco della cosca Schiavone.

Gli elementi raccolti hanno spinto gli investigatori a sostenere (ma, al momento, è solo un’ipotesi investigativa) che Diana, nella piramide criminale presente nell’Agro aversano, avrebbe un ruolo addirittura sovraordinato rispetto a quello di Reccia (che non è l’ultimo arrivato del clan e che, recentemente ha incassato una nuova condanna, irrevocabile, per mafia). A supporto di questa teoria, gli agenti hanno ricordato anche la sua incursione, nell’autunno del 2020, proprio a casa di Reccjia ‘e lepre (sarebbe stata presente pure la moglie, Mariagrazia Tessitore), per redarguirlo su come stesse gestendo alcuni affari illeciti. A fungere da collegamento tra Reccia e Diana per gli investigatori sarebbe stato proprio quell’A.P. che poi lo ha denunciato ai carabinieri per minacce e lesioni.

Nella piramide criminale spunta Diana. Gli investigatori: è più in alto di Reccia

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