Droga nel carcere di Secondigliano, il pm: “Vent’anni al figlio del boss Vigilia”

Alfredo Vigilia jr

NAPOLI – Richieste pesanti del pubblico ministero nel processo per gli stupefacenti nel carcere di Secondigliano. Una piazza di spaccio tra le mura del penitenziario, che sarebbe stata gestita dai detenuti.
Venti anni per Alfredo Vigilia junior, figlio del boss Alfredo Vigilia, soprannominato ’o nir. Gli inquirenti considerano il 28enne uno dei promotori.
Per Pasquale Vigilia la richiesta è di dodici anni. Il processo con il rito abbreviato è iniziato ieri, ma sulla carta è stata una tappa formale: l’accusa ha depositato una memoria in cancelleria con le richieste delle pene. La requisitoria si svolgerà il 22 settembre, quando si riporterà in aula il dispositivo del pm. Ma andiamo con ordine. Il pubblico ministero indica tra i promotori anche Salvatore Scotti (per lui la richiesta è 18 anni) e Angelo Marasco (20 anni), difeso dall’avvocato Gandolfo Geraci.
Ed ecco le richieste per gli altri imputati: Giuseppe Mazziotti (12 anni) difeso dall’avvocato Vincenzo Strazzullo, Pasquale Nasti (12 anni) difeso da Massimo Vetrano e Leopoldo Perone, Ciro Quindici (12 anni) rappresentato da Sosio Capasso e Antonio Del Vecchio.
Pasquale Vigilia è difeso da Giuseppe De Gregorio. Altri imputati hanno scelto il rito ordinario. Secondo la Procura, era stata messa in piedi una associazione finalizzata allo spaccio di marijuana, hashish e cocaina nel reparto Ligure S-3. Coinvolti anche quattro agenti della penitenziaria. Il blitz è scattato la mattina del 21 marzo a Napoli, Frosinone e Salerno. Il Nucleo Investigativo dei carabinieri e il Nucleo Investigativo Centrale della Penitenziaria hanno eseguito un’ordinanza cautelare personale (22 in carcere e 4 agli arresti domiciliari), emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia – nei confronti di 26 soggetti, ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti e corruzione per commettere atti contrari ai doveri d’ufficio.
L’indagine – ricostruiscono gli inquirenti – ha permesso di raccogliere plurime fonti di prova, anche a riscontro delle dichiarazioni rese da più collaboratori di giustizia, circa l’esistenza di una piazza di spaccio all’interno del penitenziario di Secondigliano, gestita da detenuti mediante il commercio di sostanze stupefacenti di vario tipo introdotte nell’istituto penitenziario. L’attività investigativa ha fatto emergere presunte condotte di corruzione a carico di agenti della Penitenziaria, che dietro compenso, avrebbero consentito l’introduzione dello stupefacente, di cellulari e favorito lo spostamento di detenuti all’interno della struttura.

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