Gli eroi dimenticati della sanità: le istituzioni sorde e cieche mentre gli operatori si uccidono

Onofrio Dello Stritto

CASERTA – La misura è colma ed è il malumore generale, non la voglia di fare e dimostrare, il collante che tiene insieme la categoria. La misura è colma perché non si può assistere inermi a un massacro del genere. Non più. E così l’Opi Napoli ha deciso di passare ai fatti. Di fermarsi per analizzare la situazione alla luce degli ultimi, drammatici avvenimenti. Un suicidio di un giovane infermiere e due aggressioni che hanno rischiato di sfociare in tragedie. Gli eroi del Covid dimenticati nel giro di poco più di due anni. Uomini e donne che hanno vissuto, in trincea, la prima durissima fase della pandemia. Guardando il nemico negli occhi e affrontandolo, pur non conoscendolo.

L’Ordine delle professioni infermieristiche

La misura è colma e l’Ordine delle professioni infermieristiche, attraverso la presidente Teresa Rea, ha presentato il conto al presidente della giunta regionale Vincenzo De Luca. A muovere la dottoressa Rea è il suicidio di Onofrio Dello Stritto, 35enne di Castel Morrone, di professione infermiere. “Il recente e drammatico fatto di cronaca mi ha spinta a scriverle, governatore – inizia la lettera della presidente Opi – A lei che al pari di noi infermieri conosce bene le nostre condizioni di lavoro, dopo oltre dieci anni di blocco del turn over, di mancato ricambio generazionale, di una pandemia che non finisce, dell’annosa carenza di organici e delle tante difficoltà di una professione di frontiera, mal pagata e senza alcuna prospettiva di carriera com’è la nostra”. E mentre la politica sembra disinteressata a ciò che succede nella vita vera, gli operatori della sanità gettano la spugna. Onofrio si è tolto la vita perché era stanco. Ha rinunciato a viverla perché si sentiva sconfitto dal ‘sistema’. Perché la politica, dopo aver esaltato gli operatori della sanità durante la pandemia, oggi ha voltato loro le spalle.

La lettera a De Luca

La dottoressa Rea ha scritto a De Luca “per lanciare un allarme e per rendere noto a tutti, istituzioni e cittadini, un grave malessere giunto ormai ai limiti della sopportazione. Le scrivo infatti anche per dare almeno un senso di umanità e un valore sociale alla tragica scomparsa di un collega. Un infermiere che ha pagato con la vita lo stress e la fatica accumulata negli anni. A testimonianza del fatto che quello che noi svolgiamo è un lavoro altamente usurante. Alcuni giorni fa un infermiere si è suicidato. Non ha più retto a ritmi di lavoro insostenibili ed è crollato. Si parla in questi casi di sindrome di burn out: un insieme di sintomi che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo. Una perdita importante per tutta la nostra comunità professionale, oltre che per la famiglia e per i suoi cari. Un evento sentinella che mi sono decisa a rendere pubblico perché mi tocca nel profondo, perché si conosca e per impedire che si ripeta”.

Operatori sopraffatti dall’angoscia

Medici, infermieri e, in generale, gli operatori sanitari sono sopraffatti dall’angoscia. “Le confesso, egregio governatore, che come presidente di una folta comunità professionale sono seriamente turbata e preoccupata – le parole della presidente Opi – Ogni giorno decine di colleghi mi segnalano difficoltà e problemi. E molti si dicono esasperati. Sono sfiniti per gli organici inadeguati che pesano sul lavoro di tutti i giorni, ma che sopportiamo in silenzio da più di dieci anni. Un peso aggravato da una pandemia che non finisce, che in oltre due anni ha spezzato troppo vite tra i sanitari, soprattutto tra gli infermieri e che richiede concentrazione e dedizione quotidiana oltre il normale. Siamo amareggiati. Per le continue mortificazioni verbali, le aggressioni, le pistole puntate alla tempia, da parte di un’utenza a sua volta esasperata, frutto di diffidenza accumulata e di disservizi che non dipendono dagli infermieri”.

Teresa Rea: “Turni massacranti”

Ad allungare la lista delle criticità, anche “certi modelli organizzativi desueti che impongono turni massacranti e carichi di lavoro insostenibili, ma che ogni giorno sopportiamo – prosegue Teresa Rea – per tenere fede a un giuramento etico e professionale che stiamo pagando a carissimo prezzo. La situazione si è fatta ormai insostenibile, governatore. Perché a fronte di tutto questo, degli allarmi inascoltati, non c’è traccia di valorizzazione professionale e di carriera. Tantomeno di gratifiche economiche”. Anzi, si assiste sempre più a un costante demansionamento della professione. “Per mancanza di operatori di supporto” sottolinea Rea. “E allora devo dire che la misura è colma. I colleghi sono stufi delle pacche sulle spalle, degli ‘angeli’ e degli ‘eroi’”.

L’appello

Quindi l’appello a nome della categoria: “Gli infermieri di Napoli chiedono che sia riconosciuta una vera dignità a una professione che finora ha dato tutto senza ricevere niente, pur stando sempre al fianco dei cittadini, lavorando in costante emergenza, ammalandosi più e peggio di ogni altra categoria, rinunciando a ferie, permessi, progetti di carriera e di vita. E’ tempo di agire. Bisogna finirla con i tagli degli ultimi venti anni in cui la salute è stata considerata un costo anziché un investimento per la collettività. Ma quello che va rimarcato – evidenzia ancora la dottoressa Rea – è il valore degli infermieri che curano nonostante la paura, il pericolo di aggressioni, le minacce. E continueremo a farlo, con la disponibilità di sempre a trovare soluzioni e modelli organizzativi condivisi e sostenibili. La civiltà rispetto alla barbarie. Un’etica che però viene spesso fraintesa e mortificata dalle istituzioni e tal volta anche dagli stessi nostri assistiti. Parole e promesse non bastano più. Ora a queste devono seguire i fatti”.
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