La notte di Camp David

“La notte di Camp David” riprende il titolo di un bel libro di Fletcher Knebel, edito da Mondadori nel lontano 1976 che, sotto forma di romanzo, introduce una riflessione su un argomento scabroso, all’epoca, piuttosto sottovalutato: ovvero cosa fare se il presidente degli Stati Uniti d’America manifesta sintomi di squilibrio mentale. Il volume fece molto scalpore a tal punto da indurre il Congresso a provvedere al varo di un’apposita norma in materia. Nelle democrazie liberali occidentali chiunque gestisca un potere è sottoposto ad una continua verifica. Nel contempo la legislazione pone una serie di vincoli e di procedure a cui sottostare nel caso in cui le decisioni da assumere siano di una portata eccezionale, tanto da mettere in pericolo la nazione stessa. Ecco: se fossimo stati al cospetto di un presidente di Washington o di un primo ministro di un governo della Vecchia Europa, questi non avrebbe mai potuto proferire le parole che Vladimir Putin ha pronunciato innanzi alle telecamere in queste ore, di allertare, in funzione deterrente, l’arsenale nucleare di Mosca. Nelle democrazie occidentali nessun ordine diretto ed esclusivo di tale fattezza può essere dato ai vertici militari senza coinvolgere preventivamente l’intero parlamento. Purtroppo in Russia siamo innanzi ad una repubblica parlamentare puramente formale, piegata ai voleri ed alle apodittiche determinazioni del capo dello Stato. Un sistema in cui il leader del Cremlino può convocare il governo e poi mortificare il proprio ministro degli Esteri con modi sprezzanti innanzi alla TV. Un sistema in cui chi comanda convoca gli oligarchi, gli uomini più ricchi del Paese, il ministro della difesa ed il capo delle forze armate per notificare a tutti quanti loro le sue decisioni. La Duma, il parlamento russo, è stata completamente bypassata, così come l’opinione pubblica, alla quale il nuovo zar propina messaggi senza contraddittorio che appaiono tanto minaccioso quanto costruiti su falsi presupposti, frutto di evidenti paranoie mentali. Se veramente Putin soffre della sindrome dell’accerchiamento e somatizza quella della scarsa considerazione nel pantheon delle potenze internazionali, la faccenda diventa tremendamente tragica. Mancando ogni altra istituzione che decida e che si possa interporre tra le manie del capo supremo ed i bottoni che consentono l’accensione dei missili nucleari, ci troviamo veramente al cospetto di una “roulette russa”. Una figura tragica, livida e determinata quella apparsa in tv, che somiglia tanto al dottor Stranamore, sia pure alla rovescia: ovvero al generale americano con la fissazione del complotto comunista che ordina un attacco devastante sul territorio sovietico. Non bisogna scomodare Montesquieu per comprendere quanto sia importante che il potere non sia mai assoluto nelle mani di un solo uomo perché il potere corrompe la mente e quello assoluto la corrompe assolutamente. Tuttavia la politica e la diplomazia operano nelle condizioni date e con gli uomini che ci sono non con quelli che vorremmo ci fossero. Quindi innanzi ad una situazione di questo tipo che potrebbe estremizzare le decisioni occorre una strategia che non abbia niente a che vedere con le armi e con qualunque altro gesto che incentivi le fobie di Putin. Il vero discrimine forse risulterà essere la reazione del fronte interno, la decisioni degli oligarchi e dei militari da una parte, e la spinta popolare dall’altra che certamente non approvano lo stillicidio di una guerra e la prospettiva di dover seppellire i propri figli perdendo al contempo lo stato di agiatezza economica fin qui raggiunta. L’Europa è attrattiva per i Russi, non desta timori ed antiche diffidenze come verso gli Stati Uniti. Se ha una strategia diplomatica ed uomini all’altezza, la Ue può dimostrare che la Nato non è uno strumento offensivo in mano a Biden per minacciare Mosca. Chi tra i leader europei ha doti talentose ed ascendenze autorevoli presso Putin, ed ancor di più presso i gangli economici e militari russi? Intorno a questo interrogativo ruota non solo la fine della guerra in Ucraina ma anche la possibilità di neutralizzare le smanie di un uomo che non risponde più alle proprie pulsioni di protagonismo. Potrà la via della democrazia essere sposata in toto dal popolo russo e da coloro che hanno il potere di costruire una vera alternativo alla dittatura di Putin? Se gli americani comprenderanno che solo l’Europa unita può fare da cuscinetto per disinnescare i pericoli di una guerra esiziale per il mondo civilizzato dovranno dare una mano. La Russia non è Panama o qualche staterello nel quale si possa architettare un golpe per esautorare il leader. Durante la notte di Camp David il paranoico presidente americano si confidò con il suo interlocutore mostrando i segni del suo squilibrio nervoso e l’interlocutore a sua volta si rivolse alle istituzione che subito corsero ai ripari. E per la notte del Cremlino?

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