Mediobanca, industria trainata dall’export: nessun gruppo nella top 10 europea

Nemmeno la Borsa premia i big player italiani la cui capitalizzazione ha subito un calo dell'8,7%

Gian Mattia D'Alberto / LaPresse

MILANO – I grandi gruppi industriali italiani cointinuano la loro crescita trainati soprattutto dall’export, anche se rallentano fatturato e utili, con il settore privato che appare più solido e propenso agli investimenti rispetto al pubblico che però fattura circa il triplo. I dati emergono dall’annuario R&S di Mediobanca che raccoglie i profili dei principali gruppi quotati nel periodo 2014-2018, mettendoli a confronto con quelli dei concorrenti europei.

Il giro d’affari dei gruppi italiani

Nel dettaglio nel 2018 il giro d’affari dei 42 grandi gruppi italiani quotati vale circa 366 miliardi, in aumento del 3,3% sul 2017 con le esportazioni che si dimostrano fondamentali e mettono a segno una crescita del 6%, mentre appare debole la domanda interna (+0,2%). Il settore energetico fa la parte del leone e determina la metà del fatturato. Cresce anche la manifattura che genera il 26,8% del giro d’affari totale. Nel periodo sono aumentati i ricavi delle aziende private (+15,8%), al contrario delle pubbliche (-9,2%) che però fatturano mediamente il triplo e determinano il 65,7% delle vendite.

Eni ed Enel

Le sole Eni (75,8 miliardi) ed Enel (73,1), i due principali gruppi industriali italiani, determinano il 41% del fatturato aggregato, seguite da Fca (27,2 miliardi) e Poste Italiane (25,6). Aumento dei ricavi a doppia cifra nel 2018 per Saras (+35,9%), Moncler (+18,9%), Eni (+13,3%, unico gruppo pubblico fra i primi tre). Il fatturato non domestico dei grandi gruppi è pari al 54%. La manifattura ha la più alta proiezione internazionale (77,5%), con punte di oltre il 90% registrate da Saipem, Danieli, Salini Impregilo e Pirelli.

Le stime di Mediobanca

Mediobanca mette sotto esame anche i livelli di occupazione che aumentano ma solo all’estero. In controtendenza la manifattura che incrementa la forza lavoro anche dentro i confini nazionali: +2,9% (+6,4% all’estero e +1,6% in Italia).

La redditività industriale dei gruppi pubblici

Per quanto riguarda la redditività industriale quella dei gruppi pubblici supera quella dei privati. La manifattura privata è, di contro, più redditizia della pubblica, con Recordati, DiaSorin e Moncler sul podio. Irraggiungibili le performance dei ‘monopolisti’ delle reti, Snam (55%) e Terna (51,4%). Ammontano invece a oltre 46 miliardi gli utili nel periodo 2014-2018, di cui quasi un terzo in capo alla sola Enel (13,9 miliardi), campione di profitti. Completano il podio Snam (5,2 miliardi) e Poste Italiane (3,5 miliardi). Settimo posto per il primo gruppo manifatturiero, Leonardo (1,7 mld).

I dividendi

Capitolo dividendi: nel 2014-2018 hanno raggiunto i 57 miliardi. Anche in questo caso Eni (16,3 mld) ed Enel (13,7) dominano. La fetta maggiore spetta allo Stato italiano che incassa 11,2 miliardi, oltre il doppio di quanto riscosso dalle famiglie che controllano i gruppi privati (4,7 mld).

La top10 d’Europa

Spostando l’attenzione a livello europeo nella Top10 europea per fatturato, dominata dalla Germania con cinque big player, non compare alcun gruppo italiano. I top 10 tedeschi fatturano poco meno della metà del Pil italiano, con le 4 prime aziende tedesche (VW, Daimler, BMW e Siemens) che da sole valgono più dei primi 10 big italiani. Basti pensare che la manifattura italiana determina soltanto il 5,5% del fatturato cumulato europeo (contro il 55,8% della Germania, il 25,6% della Francia e il 13,1% Regno Unito) e il 4,6% del rispettivo Pil nazionale (contro il 24,1% della Germania, il 15,9% della Francia e l’8% del Regno Unito).

La crescita nei ricavi

Più blando il ritmo di crescita nei ricavi dei big player italiani nel 2018-2014 (+8%), con i britannici che corrono veloci (+23,7%) seguiti dai francesi (+23,6%) e dai tedeschi (+15,1%). Italia fanalino di coda anche in quanto a utili: suoi solo 3 dei 493 mld generati complessivamente in cinque anni. Meglio di tutti la Germania (218 mld), seguita da Regno Unito (140 mld) e Francia (132 mld).

Calo in Borsa

Nemmeno la Borsa premia i big player italiani la cui capitalizzazione ha subito un calo dell’8,7% sul 2014, inferiore solo al -15,7% dei big tedeschi. Gli investimenti si confermano il vero punto debole dei big italiani (15 mld nel 2014-2018, -9% in cinque anni) che faticano anche in quanto a redditività.

(AWE/LaPresse/di Paolo Tavella)

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome