Messico e Uruguay al lavoro per far dialogare Maduro e Guaidò

Il prossimo sette febbraio a Monteveideo una conferenza internazionale tra Paesi ed enti con una "posizione neutrale" per discutere la crisi politica in Venezuela

TOPSHOT - Venezuela's National Assembly head Juan Guaido declares himself the country's "acting president" during a mass opposition rally against leader Nicolas Maduro, on the anniversary of a 1958 uprising that overthrew military dictatorship in Caracas on January 23, 2019. - Moments earlier, the loyalist-dominated Supreme Court ordered a criminal investigation of the opposition-controlled legislature. "I swear to formally assume the national executive powers as acting president of Venezuela to end the usurpation, (install) a transitional government and hold free elections," said Guaido as thousands of supporters cheered. (Photo by Federico PARRA / AFP)

E’ in continua evoluzione lo scenario politico a Caracas: tra aperture, chiusure, conti bloccati e appelli internazionale prosegue lo scontro tra Maduro e Guaidò. E’ una fase delicata, di posizionamenti e scelte importanti, che determineranno il futuro del Venezuela.

Le pressioni internazionali

Nella trattativa tra i due ‘presidenti’ ad avere un ruolo importanti saranno le altre nazioni sudamericane.

Messico e Uruguay hanno annunciato una conferenza internazionale di Paesi ed enti con una “posizione neutrale”, proprio per discutere la crisi politica in Venezuela. La riunione, annunciata sul sito web della presidenza uruguayana, si terrà il 7 febbraio a Montevideo. A spingere i due governi a promuovere l’incontro  è stato il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres: l’obiettivo è avviare un dialogo tra le partti.

Giornalisti espulsi

Se l’Onu è al lavoro per mediare e alleggerire i toni, il governo di Nicolas Maduro continua a tenere alta la tensione: i due giornalisti cileni fermati ieri notte saranno espulsi. Il sindacato della stampa venezuelana, intanto, ha informato della presenza di altri due giornalisti francesi al momento detenuti nel Palazzo di Miraflores.

I cronisti, stando alla tesi dell’esecutivo socialista, avrebbe svolto attività giornalista non avendo gli accrediti sfruttando il loro stato di turisti.

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