TORINO – La sensazione che questo campionato potesse essere il sequel juventino di quello passato è stata grande e grossa fino a quando non c’è stato un crollo, uno schianto fisico che ha consentito al Napoli, sotto di tre gol, di rimontare in scioltezza, quasi che tutto fosse evaporato all’improvviso. Da non credere. Così qualsiasi giudizio, ancorché provvisorio dopo appena due giornate di campionato, va per forza aggiornato, riveduto e corretto.
Alla fine, ma proprio alla fine, hanno vinto i campioni d’Italia con un autogol di Koulibaly (92′) però il risultato conta per la classifica, non in sede di analisi. Per un’ora la Juventus è stata mostruosamente superiore nel gioco, nelle dinamiche, nella determinazione. Tanto da far pensare che solo un suicidio in bianco-e-nero potrebbe sfilarle il nono scudetto di fila. Poi però è venuto fuori in Napoli riveduto e corretto da Ancelotti con Lozano e Mario Rui. Ogni cosa si è rovesciata e le sensazioni del primo tempo sono rimaste appiccicate all’aria fastidiosa dell’ultimo giorno di agosto. Possibile? Sì, possibile.
Per lunghi tratti quella della Juventus è stata un’esibizione di valori assoluti, miscelati con intelligenza da Maurizio Sarri (in tribuna). Un po’ ci ha messo del suo, il tecnico ex Chelsea, e un po’ ha sfruttato l’eredità di Massimiliano Allegri. Va da sé che il mix è apparso quasi letale per i partenopei che si sono chiamati fuori dalla contesa, prima annichiliti dalla rete di Danilo – roba da record: 29 secondi per entrare in campo al posto dell’infortunato De Sciglio e buttarla subito dentro – poi freddati dal raddoppio di Gonzalo Higuain.
Tutto è successo in quattro minuti, dal 15′ al 19′, in maniera da spostare equilibri e umori, Poi Ronaldo ha messo anche il suo sigillo, nella ripresa, e ha festeggiato senza il tradizionale “Siuuu” ma con un gesto eloquente, del tipo; mi annullano pure questo? Ma è proprio lì che la Juventus ha smesso di essere Juventus ed è salito alla ribalta il Napoli. Due reti in due minuti, tra il 66′ e il 68′, con Manolas e Lozano, infine il 3-3 di Di Lorenzo in una centrifuga di emozioni. Non è trascurabile il dettaglio che gli ultimi due gol siano nati da palle inattive.
La Juventus è più forte – e lo si sapeva – ha pressapoco due squadre di uguale valore tra campo e panchina però nessuno immaginava che contro il Napoli il rendimento fosse sinusoidale. Nel primo tempo la formazione di Ancelotti, al di là di una conclusione dalla distanza di Allan neutralizzata con un miracolo da Szczesny, è andata a sbattere contro il muro bianconero. Ed è apparsa fragilissima in difesa a dispetto della presenza di Koulibaly e Manolas. Sette gol subiti in due gare sono troppi per una formazione che punta allo scudetto.
E di più potevano essere se Meret non fosse stato eccezionale in un paio di circostanze (Khedira e Martuidi). E se la traversa non avesse fermato le conclusioni di Khedira e Douglas Costa. Ancelotti ha provato a correggere il disastro con un doppio cambio a inizio ripresa, tutta roba di corsia mancina. Lozano al posto di Insigne e Mario Rui al posto di Ghoulam. Con rimescolamenti vari e Zielinski strappato alla mediana per essere consegnato alla linea del trequartisti. Avesse provveduto con largo anticipo forse l’esito del match sarebbe stato diverso. Certo che gli sbandamenti della retroguardia sono da pelle d’oca.
Nella Juventus hanno giocato tutti (abbastanza) bene, i nuovi come De Ligt e Danilo, i vecchi che sembravano al passo forzato d’addio, come Higuain e Khedira, i rigenerati da Sarri come Douglas Costa. Nel Napoli, invece, l’ingresso di Lozano si è sentito al pari di quello di Mario Rui. Sentenze d’estate, nulla di definito a quanto sembra…
Vittorio Oreggia (LaPresse)