Per rinascere il Sud deve farsi ascoltare

A metà gennaio 2022 viene arrestato il vice sindaco di Terracina, per pesanti interferenze di gestione che travalicano secondo gli inquirenti, gli interessi generali di quella comunità amministrata. La notizia viene raccontata dai media nazionali per poche ore e giù il sipario.
Un intreccio con soggetti d’impresa per accaparrarsi opere pubbliche, in cambio di voti. Scenario vecchio quanto il mondo.
Il Mezzogiorno è sempre più spesso protagonista di un medesimo disegno criminoso che vede coinvolti amministratori pubblici, imprenditori privati e forze illegali territoriali.
Come reagire, con forza civica, sana ed informata, a questo nemico visibile e penetrante nelle nostre vite, proprio alla vigilia di importanti investimenti in opere pubbliche (leggi PNRR)?
Il Sud deve avere l’ambizione di tracciare una nuova agenda urbana. Innanzitutto deve fare questo!
È inutile parlare di eccellenze, questa stantia retorica crea presunte isole felici ed accentua “vuoti urbani”; si finisca con le agevolazioni per pochi eletti, basta creare competitività tra i territori. Questo modello tardo-capitalista ha concorso ad immiserire il Mezzogiorno.
È appena il caso di farsi ascoltare, senza disegni “costituiti” altrove, si recuperi una progettazione strategica che si adoperi per la valorizzazione di quei territori del meridione in condizione di miseria morale e culturale. Questo vorrà dire affiancare l’approccio nazionale (verticale) a quello dei bisogni che esprimono le città del Sud, in un quadro di scelte condivise in orizzontale, con il protagonismo degli stakeholders per far avanzare una forte domanda interna.
Insomma, questa ennesima ed ultima occasione dei fondi nazionali va saputa gestire diversamente, protagonisti siano i soggetti ai quali va rivolta una nuova politica urbana, altrimenti si finisce come i fondi strutturali UE, che non hanno risollevato le sorti dei territori in ritardo di sviluppo del Sud.
Basta con le sperimentazioni che non si concludono mai e restando tali lasciano il nulla.
Le esperienze “PON Città Metropolitane” e “smart cities” hanno dimostrato grandi limiti, proprio perché non sono mai passati a regime, per più ragioni. Le povertà urbane si combattono con interventi di lungo periodo, costanti nel tempo e con l’attivazione delle migliori energie interne (non esterne), in un processo di continua crescita economica e culturale dei territori in cui si agisce.
La leva civica, come si diceva, è necessaria per invertire una tendenza, suggerendo uno sviluppo duraturo, moltiplicatore, pluriennale. Si ritrovi il protagonismo delle scelte con voce unitaria e puntuale, senza “svendersi”.
Un recente dossier di Legambiente, dal titolo “Mal’aria di città”, spiega come l’inquinamento atmosferico non è un problema esclusivamente ambientale ma anche, e soprattutto, sanitario. Ben 102 capoluoghi di provincia sono fuori norma, rispetto ai valori indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in merito ai più importanti inquinatori ambientali, a partire dai PM10.
Il Mezzogiorno riparta da qui e dagli altri temi indicati dall’agenda europea nel Patto di Amsterdam, il documento che istituisce l’Agenda Urbana della UE.
Ma prima bisogna acquisire il sapere di quei contenuti. Non si va da nessuna parte senza studio e conoscenza. Solo così si può fare sul serio.

Raffaele Carotenuto
Scrittore e meridionalista

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