Politica e veleni

Vincenzo D'Anna, ex parlamentare

È di questi giorni la polemica tra scienziati (e politici) sui risultati dello studio “Veritas” sulla tossicità della Terra dei Fuochi. Per uno strano scherzo del destino, pochi giorni prima che divampasse lo scontro, l’Ordine nazionale dei biologi aveva tenuto, proprio a Caserta, nel Real Sito di San Leucio, un convegno improntato sul rapporto tra ecotossicologia e salute umana, con il concorso di studiosi, ricercatori e biologi ambientalisti provenienti un po’ da tutta Italia. In quel contesto erano stati mossi garbati rilievi ai decisori politici che ancora annaspavano nel buio innanzi ad una realtà, l’inquinamento della Terra dei Fuochi, ormai tristemente nota ed evidente in tutta la sua drammatica attualità.

Di cosa si è discusso a San Leucio? Semplice. Dei risultati delle recenti indagini scientifiche che hanno evidenziato come ci troviamo innanzi ad un avvelenamento che è di natura microscopica più che macroscopica. Un avvelenamento fatto di particelle molto piccole, sospese nei fumi e nelle polveri sottili: metalli pesanti, diossine ed agenti chimici frutto della combustione dissennata dei rifiuti e degli scarti industriali sparsi sui terreni agricoli. La vecchia idea che ci trovassimo di fronte ad un inquinamento macroscopico ci ha indotto a cercare inutilmente, mediante scavi, ammassi di sostanze interrate di natura tossica. Purtroppo lo stato di avvelenamento è molto più diffuso e riguarda acqua, suolo, aria, prodotti della catena agro alimentare.

Tali sostanze hanno un effetto epigenetico sugli uomini, ovvero sono in grado di produrre cambiamenti del codice genetico, modificazioni temporanee oppure permanenti in grado di essere trasmesse alle future generazioni. Chiunque può comprendere quanto grave sia un fenomeno che trasferisce tare ereditarie da una generazione all’altra. Ebbene, un dato emerge sopra tutti gli altri ed è quello riferito all’interferenza che queste tipologia di “veleni”, ormai ubiquitarie nel nostro ambiente, possono avere sulla fertilità dell’essere umano arrivando finanche a compromettere il principio cardine della biologia: la conservazione della specie. Nelle trenta aree geografiche italiane denominate “Terre dei Fuochi”, individuate per lo studio Ecofertility (dedicato al liquido seminale di giovani adulti), si è infatti ottenuto un dato di infertilità maschile pari al 60%! Tradotto in soldoni: più della metà dei giovani non possiede spermatozoi in grado di fecondare l’ovocita. E tuttavia i decisori politici aspettano ancora la “pistola fumante”, ovvero che qualcuno fornisca loro la prova del rapporto causa-effetto tra inquinanti e patologie. Un’attesa inutile. E’ noto, infatti, come i meccanismi di attivazione dei geni cancerogeni non bastino, da soli, a determinare il tumore ma è altrettanto vero che con il passare degli anni la persistenza dello stato tossico attivi una quantità di modifiche in grado di alterare numerose condizioni fisiologiche e quindi, nel medio-lungo termine, arrivare anche a provocare gravi patologie. Una politica saggia capirebbe che disinquinare gli ecosistemi richiederebbe decenni ed una radicale modifica degli stili di vita. Non che questo non s’ha da fare! Anzi, prima ci rimbocchiamo le maniche e meglio è! Tuttavia, non potendo sanificare l’ambiente in tempi strettissimi, diventa indispensabile disintossicare le persone.

Il principio di precauzione è ineludibile innanzi a quello che sta emergendo. Lo studio “Veritas” fatto nella enclave di Giugliano dall’equipe del professor Antonio Giordano (direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia e docente di Anatomia e Istologia Patologica presso l’Università di Siena), ha riscontrato una presenza abnorme di metalli pesanti nel sangue di alcuni malati di tumore. Che su questi dati siano insorti, in contrasto, il dottor Antonio Limone, direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, e successivamente lo stesso governatore della Campania Vincenzo De Luca, è emblematico. Le istituzioni sanitarie, in generale, si sentono emarginate e forse anche offese dai risultati che emergono dalla ricerca scientifica, quasi a sentirne la responsabilità. Non è così. Non si deve innescare alcuna speculazione. Anzi, se ritenute parziali e non decisive, le ricerche devono essere incrementate con soldi pubblici e progetti finanziati. Che su tali questioni si giunga a querele tra uno scienziato serio come Giordano ed il governatore De Luca è una sconfitta per tutti. La Scienza faccia, senza timore riverenziale, quel che deve e la politica abbia cura di potenziarne gli strumenti. E per favore: sulla pelle della gente niente smanie di protagonismo.

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