Recovery a Sud

L'intervento di Giuliano Laccetti, ordinario Federico II

In questi mesi è nato Recovery Sud, un “movimento” di centinaia (ma diventeranno molti di più) di sindaci dei Comuni del Sud, che mette per la prima volta insieme esperti, studiosi e amministratori, per far sì che il tema della questione meridionale non rimanga confinato in importanti ed autorevoli convegni (che servono, altro se servono! Alla Federico II è nato l’Osservatorio sul regionalismo differenziato, strumento scientifico che la comunità accademica mette a disposizione di cittadini, politici e amministratori), ma diventi anche “pratica quotidiana” da tener presente in ogni azione, politica nazionale ed amministrativa locale. E difatti, Recovery Sud viaggia in parallelo ad altre due iniziative. Una è ‘Ricostruire l’Italia con il Sud’, appello firmato inizialmente da venticinque studiosi, accademici, economisti, tra cui spiccano, tra gli altri, Gianfranco Viesti, Luca Bianchi, Isaia Sales. Dieci punti “irrinunciabili” per recuperare il ritardo accumulato dall’Italia in Europa, tenendo insieme le parti del Paese in una strategia di sviluppo comune. Come è proprio nella logica del Next Generation Eu: valorizzare le complementarità e le interdipendenze produttive e sociali tra i Nord e i Sud, riconoscendo che i risultati economici e il progresso sociale dei Nord dipendono dal destino dei Sud e viceversa. Primo, importantissimo e chiarissimo punto: rendere esplicito nel Pnrr il ruolo del Sud nelle sue principali missioni, ed il contributo che dal Sud può venire alla crescita del Paese tutto. I dati economici, confermati dalla Svimez, evidenziano come la spesa di investimento effettuata al Sud si caratterizza per un moltiplicatore economico più alto. Ogni euro investito nel Mezzogiorno offre un vantaggio maggiore, con benefici per l’intera economia nazionale.

L’altra, ‘Vogliamo anche al Sud treni più veloci’, focalizzata essenzialmente sui problemi dell’Av ferroviaria, ha già trovato l’adesione di quasi tutte le regioni meridionali, tra cui il Molise, dove ad esempio su oltre il 70% delle tratte si viaggia ancora con treni non elettrificati, ma con locomotive diesel (situazione peggiore solo in Sardegna e Val d’Aosta, con il 100% delle tratte non elettrificate, e con pessime situazioni, con percentuali di tratte non elettrificate dal 40% in su, per Calabria, Sicilia, Abruzzo e Basilicata). Il 23 e 24 marzo scorsi si è tenuta la due giorni “Sud. Progetti per ripartire” organizzata da Carfagna, ministro per il Sud e la Coesione Territoriale; una sorta di Stati Generali del Mezzogiorno, che hanno dato modo a molti amministratori meridionali (presidenti di Regione, sindaci) di ribadire la necessità, così come “chiede” di fatto la Eu, di risollevare il Sud dalla condizione di “colonia estrattiva”, e di riconoscere il diritto di cittadinanza “vera” a 21 milioni di consumatori per ridare fiato all’economia dell’intero Paese. Draghi e Franco, presenti, hanno ascoltato e non possono più far finta di niente. Draghi parla di “fermare l’allargamento del divario Sud-Nord”. Ma non è quello che si deve fare, cioè ridurre il divario. Lunedi 29 marzo una delegazione di sindaci di Recovery Sud ha incontrato il ministro Carfagna, che si è impegnata a portare in CdM le loro richieste: “ripartizione” effettiva dei fondi di Next Generation EU (65-68 % al Sud), seguendo i parametri EU con cui sono stati assegnati; infrastrutturazione di tante aree produttive del Sud; rivitalizzazione e sviluppo degli strategici “sistemi portuali” del Sud e dei loro retroporti, con strutture e infrastrutture (Palermo-Porto Empedocle-Trapani; Catania-Augusta-Gioia Tauro; Napoli-Castellammare-Salerno; Bari-Brindisi; ecc …); realizzazione del corridoio Alta Velocità ed Alta Capacità Berlino-Palermo (con i 300 km/h anche tra Napoli-Salerno-Reggio Calabria, tra Messina-Palermo-Catania; tra Napoli-Bari-Taranto-Reggio Calabria); assunzione di ulteriori 5000 giovani, meridionali, funzionari e tecnici capaci, da inserire nella PA, nei vari Comuni ed Enti Locali, in aggiunta ai già promessi 2800, proprio per gestire al meglio la fase di progetto e realizzazione delle varie azioni da finanziare con il Next Generation EU.

L’importanza della questione sistemi portuali nel Mezzogiorno d’Italia si è toccata con mano proprio in queste ultime ore, con la situazione di momentaneo “blocco” per incidente del canale di Suez: se costrette a circumnavigare l’Africa, i grandi cargo non entrerebbero proprio nel Mediterraneo, ma andrebbero subito a Rotterdam o ad Amburgo, tagliando fuori l‘Italia da ogni traffico. E proprio per questo, nel Pnrr, bisogna dare ampio risalto ai porti del Mezzogiorno, baricentrici nel mar Mediterraneo (istituendo zone doganali intercluse; realizzando strade e ferrovie per i collegamenti;). Il Mezzogiorno comincia a muoversi. Vedremo le risposte.

di Giuliano Laccetti, ordinario Federico II

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