Regeni, la procura di Roma attacca: “Non accettiamo verità di comodo”

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse

ROMA– Sul caso di Giulio Regeni la Procura di Roma non ha nessuna intenzione di alzare bandiera bianca. L’impegno, come assicurato dal Pg Giovanni Salvi nel corso della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario, è totale. “Abbiamo fatto molti sforzi nel tentativo di assicurare alla giustizia i torturatori e assassini di Giulio Regeni. Essi hanno sin qui ottenuto, quanto meno, che non si accettassero verità di comodo“, spiega.

La morte del ricercatore di Fiumicello al Cairo, insomma, non può rimanere un caso irrisolto. A tal proposito il magistrato fa un paragone eccellente: quello con il caso di Stefano Cucchi.

Investigheremo con la stessa determinazione“, dice. Nella ricerca della verità per Giulio la procura romana registra l’appoggio totale e incondizionato del guardasigilli Alfonso Bonafede.

Il ministero sta monitorando tutto lo sviluppo, e nella misura in cui sara’ necessario intervenire attraverso tutti gli uffici competenti lo faremo. La linea del governo è chiara: Non sono ammissibili verità di comodo“, argomenta.

Se dal punto di vista giudiziario le indagini proseguono a ritmo febbrile da quello politico ad alzare il livello dello scontro con l’Egitto è il presidente della Camera, Roberto Fico. “Al Sisi mi ha mentito“, dichiara rivolgendo un’accusa precisa al presidente egiziano.

Il riferimento della terza carica dello Stato è all’incontro fra i due avvenuto nel settembre 2018. “Mi ascoltava, dando la sensazione che la morte di Giulio fosse anche per lui una spina nel fianco e mi congedo con un promessa: rimuoverò ogni ostacolo“, ricorda l’esponente del M5S.


Alle parole non sono però seguiti i fatti

Nella vicenda restano infatti punti chiave da risolvere, a partire dallo stallo giudiziario fino alle coperture dei vertici egiziani agli apparati interni che si sarebbero occupati del rapimento e dell’uccisione di Regeni. “Dopo tre anni non c’è fiducia nelle parole dell’Egitto e non ci può essere”, tuona Fico. Un pensiero condiviso anche dalla famiglia che si aggrappa alla ferrea volontà della procura di non mollare la presa.
(LaPresse)

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