Ruby bis, Fede condannato a 4 anni e 7 mesi e Minetti a 2 anni 10 mesi

Rubi rubis

Foto Lapresse - Matteo Corner Nella foto Emilio Fede

I giudici della quarta Corte d’Apello di Milano hanno ridotto le condanne inflitte nel primo processo d’appello, poi annullato dalla Cassazione, a Emilio Fede e Nicole Minetti.L’ex direttore del Tg4 e la soubrette erano stati condannati rispettivamente a 4 anni e 10 mesi e a 3 anni di reclusione e il sostituto Pg Daniela Meliota aveva chiesto di confermare.In particolare, i giudici hanno deciso di riformare le precedenti sentenze assolvendo “perché il fatto non sussiste” Emilio Fede dal reato di favoreggiamento per gli episodi che riguardano le ‘olgettine’ Linsey Barizonte, Iris Berardi, Roberta Bonasia, Barbara Faggioli, Maria Ester Gracia Polanco, Miriam Loddo, Daniela Sampio Visiguerra.Assolto anche per gli episodi che riguardano la stessa Ruby ad eccezione del primo invito a Arcore, la sera del 14 febbraio 2010, quando Fede accompagnò in auto la ragazza non ancora 18enne a Villa San Martino. Per questo i giudici hanno deciso di ridurre la pena di 3 mesi.Per quanto riguarda Nicole Minetti, invece, è stata assolta “per tutte le condotte di favoreggiamento” nei confronti di Linsey Barizonte e Raissa Skorkina, mentre l’hanno condannata per gli episodi che riguardano altre 5 ragazze, riducendo la pena di 2 mesi.

 

Milano, 7 mag 17:26. (LaPresse) – “Ricorreremo in Cassazione, che per fortuna è Roma e non a Milano”. È stato questo il commento a caldo dell’avvocato Paolo Righi, che difende Nicole Minetti insieme al collega Pasquale Pantano, che si è detto “molto sorpreso” per la sentenza della Corte d’Appello di Milano, che ha condannato la ex consigliera regionale lombarda a 2 anni e 10 mesi e Emilio Fede a 4 anni e 7 mesi. “Come Marco Cappato – ha spiegato Pantano – ha aiutato Fabiano Antoniani a esercitare il suo diritto a essere libero di morire, così Minetti ha agevolato il diritto delle ragazze all’esercizio della libertà nella loro sfera sessuale”. La richiesta delle difese di sollevare davanti alla Consulta una questione di legittimità costituzionale sul reato di favoreggiamento della prostituzione è stata respinta dai giudici di Milano. Una scelta che per l’avvocato Pantano “è un mistero”. Per i difensori della Minetti, infatti, la Corte d’Appello di Milano avrebbe dovuto scegliere la stessa strada imboccata dai giudici del Tribunale di Bari nel processo a carico di Giampaolo Tarantini. Se infatti la Consulta dovesse “decidere che il favoreggiamento della prostituzione non è un reato”, per i legali della Minetti anche in questo caso si aprirebbe un problema.

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