Tentata estorsione per il clan Moccia, arrestati in quattro

Afragola (Napoli), con questa accusa e quella di tentata rapina, aggravate dall’agevolazione mafiosa, finiti in manette Domenico Di Micco, 32enne, Luigi Forte, 23enne (figlio di Giovanni, alias ’o luongo, storico affiliato ai Moccia), Luciano Santoro, 30 anni, e Pasquale Nobile, 22enne.

Domenico Di Micco, Luigi Forte, Pasquale Nobile, Luciano Santoro
Domenico Di Micco, Luigi Forte, Pasquale Nobile, Luciano Santoro

“Ci serve un regalo per i carcerati, mi servono 2mila euro subito. Facciamo un giro e ripassiamo tra poco”. E, poi, ancora: “Sono tre regali da fare all’anno. A te cosa ti costa? Mille o duemila euro alla volta. Ci siamo noi qui”. Così si sarebbero rivolti agli imprenditori ai quali hanno chiesto di pagare il pizzo. E’ con l’accusa di tentata estorsione e tentata rapina, aggravate dall’agevolazione mafiosa, che sono finiti in manette quattro uomini di Afragola. Si tratta di Domenico Di Micco, 32enne, Luigi Forte, 23enne (figlio di Giovanni, alias ’o luongo, storico affiliato ai Moccia), Luciano Santoro, 30 anni, e Pasquale Nobile, 22enne. Farebbero parte del gruppo criminale dei Nobile, articolazione del clan Moccia, i cui affiliati vengono indicati col soprannome di “panzaruttari’.

Pasquale Nobile è figlio di Giuseppe Nobile nonché nipote di Raffaele Nobile, alias ’o panzaruttaro, entrambi detenuti e, come da risultanze della Dda, organici al gruppo criminale diretto da Nicola Luongo, a sua volta ‘senatore’ del clan Moccia. Secondo il pool anticamorra, i quattro avrebbero tentato di estorcere soldi ai proprietari di due attività, una società di noleggio auto, e un bar.

Le indagini iniziano i seguito dalla denuncia sporta il 28 ottobre, dal titolare della società di autonoleggio, che riferiva di essere stato vittima di una richiesta estorsiva a lui rivolta per il tramite di suo collaboratore. In particolare l’imprenditrice ha riferito che alle 17,45 circa del giorno precedente, mentre era intenta a lavorare negli uffici dell’autonoleggio, aveva visto arrivare due persone in sella a uno scooter T-Max che si avvicinavano al suo collaboratore. Quest’ultimo, subito dopo che i due soggetti si erano allontanati, le aveva raccontato che questi gli avevano chiesto il pizzo per l’importo di euro 2mila euro.

La donna, a quel punto, aveva visionato le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza e aveva visto i due giovani che si erano avvicinati sullo scooter e avevano interloquito col collaboratore. La donna proseguiva narrando che nello stesso pomeriggio il fratello la aveva informata del fatto che due persone su uno scooter si erano recate presso il bar di famiglia, dovo lo avevano avvicinato e gli avevano ribadito la richiesta estorsiva già avanzata al collaboratore, precisandogli che si trattava dell’estorsione dovuta per l’attività di autonoleggio e non per la caffetteria. Il fratello della proprietaria del bar è stato ascoltato dagli investigatori. Alle forze dell’ordine ha detto che i due soggetti gli hanno detto testuali parole: “Non ci serve un veicolo, ci serve un regalo per i carcerati. Mi servono 2mila euro subito, facciamo un giro e ripassiamo tra poco, facci sapere”.

L’imprenditrice e il fratello non si sono piegati e hanno denunciato i presunti estorsori alle forze dell’ordine. Secondo l’accusa, uno degli i indagati – in una delle tante ‘missioni’ estorsive presso il bar della famiglia degli imprenditori – avrebbe preso a schiaffi il collaboratore. E mentre le indagini proseguivano spedite, ad Afragola è scoppiato un incendio in un bar. I due episodi sarebbero collegati.

La ‘firma’ sull’incendio sarebbe del gruppo colpito dal decreto di fermo. L’azione intimidatoria è recente. Mancava un quarto d’ora all’una di notte di venerdì scorso quando le fiamme hanno divorato la porta d’ingresso di un bar. Il titolare dell’attività, ascoltato, ha rivelato ai carabinieri che a settembre era stato oggetto di richieste estorsive. “Devi fare un regalo ai carcere, vengono a nome di Topolone”, gli avevano detto al tempo. Investigatori e inquirenti (sostituti procuratori Ilaria Sasso del Verme e Giorgia De Ponte) hanno chiuso il cerchio attorno ai quattro indagati

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