Tim, Labriola: “Adeguare i prezzi all’ inflazione e separare la rete da servizi”

Adeguare i prezzi delle offerte tlc retail e wholesale. E’ la richiesta che viene da un colosso delle telecomunicazioni come Tim per voce del suo ceo.

Foto LaPresse 15 Giugno, 2022 Milano, Italia News La presentazione della nuova campagna TIM con la regia di Giuseppe Tornatore nella sede di Dolce & Gabbana. Nella foto: Pietro Labriola Photo LaPresse June 15, 2022 Milan, Italy News The presentation of the new TIM campaign directed by Giuseppe Tornatore at the Dolce & Gabbana headquarters. In the picture: Pietro Labriola

MILANO – Adeguare i prezzi delle offerte tlc retail e wholesale. E’ la richiesta che viene da un colosso delle telecomunicazioni come Tim per voce del suo ceo. L’amministratore delegato dell’ex monopolista in occasione della relazione annuale dell’Organo di vigilanza (Odv), ha nuovamente parlato di separazione della rete da servizi, perché l’integrazione verticale è “anacronistica” dati i costi di ammodernamento dell’infrastruttura e la forte competizione in corso.

Dichiarazioni che arrivano alla vigilia del primo consiglio di amministrazione per mettere in moto il piano di separazione di Telecom Italia in due, una società di servizi telefonici e una di connessioni di rete. Il piano industriale sarà poi presentato al mercato il 7 luglio.

“Come già accaduto in numerosi Paesi europei, si possono prevedere adeguamenti verso l’alto e indicizzazioni all’inflazione dei prezzi delle offerte tlc retail e wholesale”, ha detto l’ad parlando sia dei costi finali per gli utenti comuni, sia alle tariffe per le società telefoniche che si appoggiano alla rete di Tim.

La preoccupazione ai vertici di del big delle tlc è che la sosteniblità del settore sia messa a rischio da contesto di mercato. Labriola ha ricordato che Tim “è il secondo consumatore a livello nazionale di energia, ma non siamo considerati azienda energivora perché il consumo di energia è distribuito sul territorio”.

Per il ceo la parola d’ordine “è rivedere le priorità del settore rispetto al passato e il modello industriale, abbandonando la guerra dei prezzi e le logiche di distruzione del valore, puntando invece a strategie di posizionamento premium improntato alla logica: valore rispetto ai volumi vs volume”. E evidenzia che il progetto di separazione è basato su considerazioni industriali e ha l’obiettivo di creare entità autonome, più efficaci e competitive di quanto non lo siano restando integrate in un’unica società. “Non ci separiamo per cercare un ‘dividendo regolamentare’ su cui si sono arenati tanti progetti del passato – ha aggiunto– Tuttavia, è nell’ordine delle cose che la nuova analisi coordinata dei mercati dell’accesso, avviata da Agcom nel 2020, dovrà tener conto del nuovo modello di separazione verticale di Tim e delle sue conseguenze in termini di semplificazione delle attuali regole retail e wholesale”.

Comunque, secondo Labriola, con la rete Tim fa meglio della sua omologa britannica Openreach. “Anche grazie agli stimoli dell’Odv – ha sottolineato – le nostre performance nei tempi di delivery e di assurance dei servizi wholesale principali in rame e fibra (ULL e VULA) risultano superiori a quelle di Openreach, considerato da tutti come il benchmark internazionale dei modelli di equivalence”.

Per il manager è lo scenario competitivo del telecomunicazioni che porta a fare la scelta di separare i servizi dalle infrastrutture, decisioni che devono mostrare “coraggio”: “Il comparto dei servizi è caratterizzato da dinamiche competitive incompatibili con i lunghi periodi di recupero degli investimenti infrastrutturali – ha detto Labriola – i nostri concorrenti sul fisso hanno una struttura di costo tutta market driven (guidata dal mercato, ndr) e con investimenti infrastrutturali molto più limitati dei nostri, in quanto si basano prevalentemente sull’acquisto di servizi all’ingrosso della nostra rete. Al contrario, noi fino ad oggi abbiamo dovuto tenere conto del mercato retail ma anche delle esigenze del mercato wholesale, senza certezze sul ritorno degli investimenti a causa dell’elevata pressione regolamentare”.

Di Laura Carcano

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